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Rimborsi ai partiti, l'abolizione è una truffa

Spot a parte, i partiti si tengono i soldi: il trucco sta nel meccanismo delle donazioni. Il tesoretto sicuro, ogni anno, è di 60 mln più 11,5

Andrea Tempestini
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I partiti italiani avranno sempre e comunque almeno 60 milioni di euro l'anno di finanziamento pubblico, anche con il nuovo decreto legge di Enrico Letta che finalmente è stato ieri pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. I soldi che lo Stato verserà ai tesorieri di Pd, Forza Italia, Ncd, Scelta civica, Lega Nord, Fratelli di Italia e ai partiti che nasceranno saranno in realtà di più: 91 milioni di euro (come ora) nel 2014 e nel 2015, poi 77,35 milioni di euro nel 2016 e dal 2017 in poi 72 milioni di euro. Una parte di questa somma - 11,25 milioni di euro l'anno - servirà a pagare la cassa integrazione per i dipendenti dei partiti politici che volessero ridurre i propri organici a costo dello Stato.  Gli altri 60,75 milioni di euro sulla carta dovrebbero arrivare sempre dalle casse dello Stato, ma almeno seguendo le indicazioni degli italiani. La parte più rilevante della somma - 45,1 milioni di euro - dovrebbe arrivare dal 2 per mille Irpef: in ogni dichiarazione dei redditi i contribuenti potranno scegliere se destinare o meno quella parte delle tasse pagate al partito preferito, inserendo il codice fiscale o il nome dello stesso partito. Quelle tasse saranno comunque versate: quel che non va ai partiti servirà a pagare scuole, asili, ospedali, dipendenti pubblici come avveniva fino a quest'anno. Il resto della somma - 15,65 milioni di euro l'anno - rappresenta il costo per lo Stato dello sconto fiscale che avranno i contribuenti in caso di versamento volontario di un contributo al partito del cuore. Si potrà infatti detrarre dalle tasse il 37% per contributi ai partiti compresi fra 30 e 20 mila euro annui e il 26% per importi compresi fra 20.001 e 70 mila euro annui. Si tratta anche in questo caso di finanziamenti pubblici, però indiretti: ne dovrebbe godere il contribuente più del partito.  E invece non è così, in barba a tutte le bugie raccontate da Enrico Letta e dai suoi ministri sulla presunta abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Il trucco è contenuto in due piccoli commi del decreto: il comma 11 dell'articolo 11 e il comma 6 dell'articolo 12. Nel primo caso - che riguarda appunto gli sconti fiscali sulle donazioni - si stabilisce che anche se nessun italiano volesse versare un centesimo, in ogni caso saranno a disposizione 15,65 milioni di euro l'anno. La differenza fra quanto scelto dagli italiani e quella cifra sarà infatti versata direttamente ai partiti, andando ad aumentare il fondo del 2 per mille previsto. Quindi quei 15,65 milioni di euro se gli italiani saranno generosi resteranno finanziamento pubblico ai partiti indiretto, se invece saranno avari diventeranno finanziamento pubblico diretto, in modo che a nessuno venga a mancare la linfa vitale.  Trucco simile è previsto per il fondo del 2 per mille (sempre di soldi dello Stato si tratta). Il meccanismo prevede che vengano divise fra i partiti solo le tasse che gli italiani scelgono di indirizzare loro. Quando non si sceglie, finisce tutto allo Stato e non viene diviso fra gli aventi diritto come accade invece con l'otto per mille alle confessioni religiose. E se molti italiani decidessero di indirizzare ai partiti una piccolissima parte delle tasse pagate, in ogni caso il totale non può superare 45,1 milioni di euro l'anno.  Fossero di più le scelte, oltre quella cifra la somma resterebbe nelle casse dello Stato (con non pochi problemi “politici” su quali partiti escludere dalla ripartizione). Se come probabile gli italiani fossero dell'idea di lasciare a secco i partiti, e quindi il 2 per mille non arrivasse a 45,1 milioni (nel 1999 si raccolsero 4 milioni scarsi con il 4 per mille), i tesorieri di Pd, Forza Italia, Ncd etc non correrebbero rischi: anche i soldi non devoluti dagli italiani finirebbero comunque nelle loro casse come finanziamento pubblico diretto. Il comma 6 dell'articolo 12 stabilisce infatti che la differenza fra quanto scelto dai contribuenti e quei 45,1 milioni verrebbe versata sul fondo dei partiti dell'anno successivo, incrementando quei 45,1 milioni. Risultato: 60 milioni arriveranno comunque dallo Stato ai partiti politici, che gli italiani lo vogliano o meno. Una truffa in piena regola.  Ci sono altre regalie per i partiti: ad esempio una commissione massima dello 0,15% per i versamenti ai partiti e alle loro fondazioni fatti con carte di credito e bancomat. Uno sconto del 50-75% rispetto alle commissioni attuali, con la difficoltà per tutti i circuiti di distinguere cliente per cliente i pagamenti fatti ai partiti da tutti gli altri. Secondo regalo: i partiti potranno fare raccolta fondi anche attraverso sms (come avviene per le grandi raccolte di beneficienza) o telefonate a numeri verdi. Su quelle transazioni, a differenza delle altre, le compagnie telefoniche non potranno applicare l'Iva. Truffa finale, che indica come non sia cambiato davvero nulla rispetto ad oggi (anzi, il testo è peggiorativo). C'è una norma anti Beppe Grillo e Movimento 5 stelle. Oggi ai partiti finivano 91 milioni di euro l'anno, ma una parte di questa somma tornava indietro allo Stato (al momento circa 12-13 milioni di euro) perché M5s rifiutava di prendere i rimborsi. Con le prossime Europee e Regionali quella somma sarebbe arrivata poco sotto i 20 milioni di euro l'anno, e i partiti sarebbero costati 71 milioni di euro in tutto. Ora Grillo e i suoi eletti dovranno fare domanda prima per quei soldi. Se non la faranno, non andranno allo Stato, ma agli altri partiti politici che si divideranno la torta. Lo Stato spenderà 72 milioni per i partiti contro i 71 di oggi. Bell'affare. di Franco Bechis

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