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Pd, i giovani turchi: "Le ricette di Renzi sono insufficienti"

Matteo Renzi

Andrea Tempestini
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Non tutti, nel Pd, amano il segretario. Certo, non è un mistero. Più difficile invece ipotizzare che a poco più di due settimane dalla sua elezione alla guida del Nazareno si scatenasse la prima guerra contro Matteo Renzi, infilzato dai cosiddetti "giovani turchi", le nuove leve (mica troppo nuove, in verità) del partito, quelle più ortodosse, più a sinistra e, un tempo in particolare, indicate come vicinissime a Massimo D'Alema (che di Renzi è tutto, tranne che un sostenitore). Nel mirino dei giovani turchi, in particolare, il job act del sindaco di Firenze, ossia il pacchetto di misure ipotizzate dalla sua cerchia per riformare e rilanciare il mercato del lavoro. Un pacchetto di misure che non piacciono affatto a Matteo Orfini, leader dei giovani turchi, così come non piacciono a Fausto Raciti, Chiara Gribaudo e Valentina Paris. Contro Renzi - Il quartetto firma su Leftwing un intervento in cui afferma chiaro e tondo che per rilanciare l'occupazione non basta quanto fatto da Enrico Letta, legge di Stabilità compresa, come non bastano le idee di Renzi. "La necessità, richiamata dal segretario del Pd, di un piano per il lavoro che contrasti precarietà e disoccupazione - scrivono - è largamente condivisa", ma tuttavia le ricette del governo e quelle del job act "destano diverse perplessità. Le une come le altre spiegano le ragioni della drammatica e apparentemente irreversibile crisi occupazionale con l'eccessiva tassazione su lavoro e imprese da un lato (quello che riguarda Letta, ndr), dall'altro con la presunta complessità o rigidità del mercato del lavoro". Contro Letta - In particolare, del job act di Renzi, non piacciono affatto le modifiche alle regole del lavoro. Per Orfini e i suoi non sono le "soluzioni a buona parte dei nostri problemi, e in nessuno dei due casi la dinamica occupazionale registrà lo choc positivo auspicato". Poi le mazzate al governo Letta: nel mirino le balle sul cuneo fiscale, che al più "ingrasserà" le buste paga degli italiani di 13 euro al mese. "Chi si ritroverà qualche euro in più in busta paga, verosimilmente, più che spenderlo lo metterà a risparmio. La riduzione minima prevista dal governo rischia di essere un grave spreco, motivato più dall'esigenza propagandistica di rivendicare il segno meno sulla tassazione che da una concreta attenzione all'economia reale". 

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