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L'effetto-Renzi non c'è: il Pd resta sotto il 30%

Matteo Renzi

Nessun effetto-novità sui consensi al partito dopo la vittoria alla primarie. E pensare che un anno fa Berlusconi...

Matteo Legnani
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"Mi piaci, perchè assomigli a me" disse Silvio Berlusconi nel corso dell'ormai famoso pranzo di Arcore con Matteo Renzi, allora "solo" sindaco di Firenze e oggi segretario del Partito democratico. Alla distanza, quello del Cavaliere appare come un generoso complimento, visto che Matteo Renzi sempra doverne mangiare a carrettate, di pastasciutta, per arrivare anche solo vicino al leader di Forza Italia. Quando nel dicembre 2012, dopo mesi di assenza dalla vita politica e di partito, Silvio Berlusconi riprese le redini del suo partito, l'effetto fu pressochè istantaneo. Prima del ritorno in campo, il Pdl a guida Alfano era un partito da 15-18%, che nel giro di pochi giorni il Cav fu capace di riportare a quota 25%. Altrettanto non pare aver fatto Matteo Renzi sulle preferenze del Pd, a ormai due settimane dalla vittoria nella corsa alla segreteria. Secondo un sondaggio che gira a Largo Del Nazareno e che raccoglie l'Huffingtonpost.it, il partito continua a oscillare tra il 25 e il 30%, a una quota dove stava quando ancora al timone c'era un vecchio arnese della politica e del sindacato come Guglielmo Epifani. L'effetto-novità di Renzi, insomma, ancora non si vede. E quelle restituite dai sondaggi sono percentuali troppo basse, sia per staccare il Movimento 5 stelle, sia per ambire con tranquillità ad una legge elettorale con doppio turno di coalizione, cioè la proposta prediletta da Renzi su cui si potrebbe anche trovare un'intesa con Angelino Alfano. Perché, partendo dal 30 per cento del Pd, sarebbe dura arrivare fino al 40, la soglia minima immaginata per evitare il ballottaggio. E anche scommettendo sul ballottaggio, la strada sarebbe in salita.

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