Sallusti e Travaglio d'accordoEcco come Renzi trama per far fuoriNapolitano e i suoi ministri
Il segretario del Pd chiede a Letta il rimpasto: vuole tre dicasteri attualmente nelle mani di tre nomine quirinalizie
Che Matteo Renzi non ami particolarmente il presidente della Repubblica Napolitano non è un segreto. Di come intenda farlo fuori facendo leva su Enrico Letta sta invece emergendo in modo sempre più chiaro in queste ore. Del resto il teorema della rottamazione finora si è rivelato una carta vincente nelle mani del sindaco di Firenze, e ora che è padrone del Pd, è normale che dia avvio all'opera che ha come obiettivo di scalzare Re Giorgio dal trono. Dispetti quotidiani - Il Fatto di Marco Travaglio ripercorre gli sgarri reciproci tra il Capo dello Stato e Matteo Renzi a partire dal maggio scorso quando il sindaco di Firenze si disse pronto, e fece sapere a Napolitano, a sedersi sulla poltrona di premier. Il presidente fece finta di non sentirlo e chiedendo di sacrificarsi a Enrico Letta. Da allora, ricorda Antonello Caporale, uno di qua e uno di là. "Non è mica lesa maestà non concordare col presidente", disse Matteo quando bocciò, unico in un moltitudine di calorose effusioni, il messaggio alle Camere su amnistia e indulto. Da parte sua Napolitano gli dedicò la sua prima ramanzina pubblica bollando come giudizi "grossolanamente strumentali" le perplessità espresse dal sindaco di Firenze reo, a suo dire di aver minato la credibilità della misura invocata. Di sgambetto in sgambetto si arriva al 15 dicembre, giorno dell'investitura a segretario del Pd. Per Napolitano non c'è stato nessun saluto: una scelta poco allineata al rigoroso formalismo "piddino" e che ha scontentao parecchi lettiani. Il giorno dopo l'avversione per il Presidente è stata ancora più evidente: al ricevimento organizzato dal Quirinale per il consueto scambio di auguri in vista del Natale tra le alte cariche dello Stato, compresi i segretari dei partiti Renzi non solo si è presentato con una mise informale (è di prassi vestiti di scuro e lui si è presentato con un completo grigio chiaro), ma ha saltato a piè pari il ricevimento andando via senza salutare: "Sono allergico ai buffet tradizionali", ha detto tagliando la corda. Il rimpasto - Quello che arriverà a fare Renzi lo rivela il Giornale di Alessandro Sallusti. Padrone del Pd, ora è lui ad apparire il tutore di Letta. Gli indica la strada, consiglia, revoca e spinge per un rimpasto per far spazio a esponenti renziani in tre caselle molto importanti, che guarda caso attualmente sono occupate tutte, o quasi, da ministri di diretta nomina quirinalizia. Si tratta, secondo Renzi, di tre dicasteri fondamentali per la sua agenda che prevede azioni incisive in Europa per rivedere il Patto di Stabilità, per la Giustizia e per stravolgere la legge Fornero. Ma che ci sia anche un po' di sadismo nel chiederli appare evidente. Il segretario democratico vuole il ministero della Giustizia attualmente affidato a quell'Anna Maria Cancellieri che è stata difesa a spada tratta da Napolitano che ne ha imposto la conferma della fiducia dopo l'inopinata pubblicazione delle conversazioni telefoniche con la moglie di Salvatore Ligresti. Il segretario del Pd vuole anche il ministero del Lavoro che ora è nelle mani dell'ex presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, che è stato cooptato al dicastero dal capo dello Stato che ha voluto "tecnici" nei posti dove la politica avrebbe potuto sottrarsi alle scelte difficili imposte dai diktat comunitari. Meno "caratterizzata" è Emma Bonino, resa dalla ventennale consuetudine con le questioni dell'Unione una sorta di tecnico ad honorem. È chiaro che se Letta accontentasse i desiderata renziani, oltre a muovere i tasselli di un puzzle instabile quale è l'esecutivo delle intese ristrette, scatenerebbe le ire del Quirinale. E sembra proprio quello che Renzi vuole.