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Legge elettorale, così Letta e Alfano provano a fregare Renzi

Enrico Letta e Matteo Renzi

Asse per evitare elezioni in primavera: niente riforma alla Camera se prima non si riforma il Senato. Quagliariello: "Matteo collabori"

Giulio Bucchi
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E anche sulla legge elettorale l'asse Letta-Ncd punta a sconfiggere Matteo Renzi sul suo terreno. Tentando di trasformare l'incardinamento della riforma del Porcellum alla Camera tanto voluta dal neosegretario del Pd in una vittoria di Pirro per il leader democratico. Lui ha voluto a tutti i costi incardinare la riforma elettorale a Montecitorio? Nessun problema, rispondono i governativi, che rilanciano esigendo che alla Camera si faccia solo la legge per eleggere i deputati, visto che tutti ormai, Renzi in testa, reclamano a gran voce l'abolizione del Senato. Riforma, quest'ultima, che però deve partire da Palazzo Madama. Lo ha preteso proprio il sindaco di Firenze, imponendo agli altri soci di maggioranza che le due riforme viaggiassero separate: ciascuna in un ramo del Parlamento. Il Ncd ha accettato obtorto collo il diktat renziano facendo di necessità virtù. Riallacciando l'iter della legge elettorale a quello delle riforme istituzionali che Renzi aveva voluto separare, con l'obiettivo - così temono i suoi rivali - di far procedere più celermente la riforma del Porcellum per tornare al voto prima possibile. Proprio nel doppio filo che i governativi stanno ricucendo attorno alle riforme sta la loro contromossa: far votare appunto a Montecitorio solo la parte di legge elettorale relativa alla Camera e rimandare la parte relativa a Palazzo Madama a quando le Camere avranno deciso, mediante riforma costituzionale, che fine farà il Senato. L'obiettivo è prendere tempo e scongiurare le elezioni politiche in primavera. «Se il Senato deve essere eletto in secondo grado non serve una legge elettorale per la Camera alta», spiega il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, «e se si fa la legge elettorale solo della Camera, non si può andare a votare prima di approvare la riforma che abolisce il Senato e la riduzione del numero dei parlamentari». Sta tutto qui l'inghippo, che punta a rallentare il treno elettorale di Renzi verso le urne e a spezzare sul nascere il suo patto con Berlusconi e Grillo per «asfaltare» il Ncd. È Renzi che ha dato la sveglia al governo. E Letta ha recepito a razzo la lezione, come ha dimostrato ieri in Consiglio dei ministri, bruciando sui tempi il suo rivale con l'approvazione del decreto che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. La stessa tattica, giocare d'anticipo, il premier intende adottarla sulla riforma elettorale, in accordo col Ncd che proprio su questo campo si gioca il futuro. L'asse in realtà è un tridente. Alfano gode del sostegno di Letta, ma anche di Franceschini, che fa da ufficiale di collegamento tra il governo e Renzi.  «Questo governo deve imparare a farsi rincorrere», ha detto ieri Letta in Consiglio dei ministri strizzando l'occhio ad Alfano, al quale lo lega un sodalizio di vecchia data. I due flirtavano già nel 2005 alle convention dei giovani di Confindustria quando a guidarli era Matteo Colaninno. Lo “sgambetto” a Renzi escogitato tra Enrico e Angelino sulle riforme funziona grosso modo così: si riduce il numero dei parlamentari e si differenziano le camere; del Senato si occupa in prima istanza il Senato e alla Camera s'incardina la legge elettorale per eleggere i deputati. «Dopo aver ridotto il numero dei parlamentari e distinto i due rami del Parlamento facendo sì che la Camera politica sia solo Montecitorio, se c'è una collaborazione vera e l'intenzione autentica di Renzi a fare le riforme, in pochi mesi potremmo approvare entrambe le riforme», assicura il ministro Quagliariello. Che l'altro ieri aveva lanciato un ultimatum: «O si trova un accordo nella maggioranza sulla riforma elettorale o è crisi di governo». Oggi offre la soluzione sul piatto d'argento a Renzi, puntandogli la pistola alla schiena: «Seguiamo il percorso indicato da Letta, sul quale ha anche incassato la fiducia del Parlamento. Mi sembra il modo più pulito di risolvere la questione». Barbara Romano

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