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Pd, Renzi: "Tre condizioni a Letta. Con Alfano non parlo nemmeno"

Matteo Renzi

Il futuro segretario dem a Repubblica: "Riforme o usciamo dalla maggioranza. Angelino? Noi abbiamo 300 voti, lui 30..."

Giulio Bucchi
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"Il Pd ha 300 deputati e Alfano ne ha 30. Con tutto il rispetto per Scelta civica e per il Nuovo Centrodestra, il governo sta in piedi grazie a noi". Matteo Renzi sceglie Repubblica per mandare un messaggio chiaro al premier Enrico Letta e al suo vice Angelino Alfano: da oggi, senza il Cavaliere nella maggioranza, comanda il Pd. E dall'8 dicembre nel Pd comanderà lui, Renzi. Ergo: il governo sta in piedi se lo vuole il sindaco di Firenze e futuro, probabilissimo segretario democratico. Viceversa, se Renzi vorrà farlo cadere, il governo cadrà. E non c'è Alfano che tenga. "Cambiare il Senato" - Qualcuno aveva definito Renzi il miglior alleato di Silvio Berlusconi, e Matteo non fa molto per smentire il paradosso. A Letta propone un "patto di un anno" per fare le cose, "altrimenti siamo finiti". Già, ma quali cose? "Tre punti che noi consideriamo ineludibili". Il primo, spiega Renzi, sono le regole del gioco: "Si mandino in pensione i saggi e la proposta di modifica dell'articolo 138, quella per il superamento del bicameralismo. Niente scherzi, il Senato lo si azzera e diventa la Camera delle Autonomie locali". Nei calcoli del sindaco, modificando il Senato e abolendo il Cnel si risparmierebbe 1 miliardo: "500 milioni li mettiamo sulla tutela del territorio, altri 500 a favore della disabilità". E la riforma della legge elettorale? Renzi non ha idee chiarissime, ma rilancia: "Va bene qualsiasi cosa, purché garantisca bipolarismo e governabilità". No al SuperPorcellum, sì con riserve al Mattarellum ("Deve essere corretto", magari con un premio di maggioranza). Renzi, l'Imu e la patrimoniale - Il secondo paletto sulla strada di Letta è il lavoro: "Semplificazione delle regole e garanzie a chi non ce l'ha. Costringere i sindacati e Confindustria a fare rappresentanza e non a occuparsi di formazione professionale". Saranno contenti i difensori della Cgil (Cuperlo in testa), che già avevano accusato Renzi di disfattismo anti-sindacale. Sulle tasse, in primis quella della casa, Renzi temporeggia: "L'Imu è un pastccio, una barzelletta. Hanno fatto una gigantesca ammuina per accontentare Brunetta". Mentre la patrimoniale si può fare, ma "solo dopo che la Pubblica Amministrazione avrà dato il buon esempio". "Con Alfano non parlo nemmeno" - Ultimo punto: i diritti civili. "Io sono tra i più prudenti nel mio partito, ma unioni civili e legge contro l'omofobia non sono più rinviabili". Difficile trovare un accordo su questi punti con gli alfaniani, da Giovanardi a Formigoni. "Ma io non pongo condizioni ad Alfano. Ripeto, noi siamo 300, loro 30. Mica ce l'ha ordinato il dottore di stare insieme...". Parole più nette Renzi non poteva trovare: Alfano ha mollato il Cav per fare il padrone di casa in un governo in cui, fra qualche giorno, rischia di ritrovarsi ospite indesiderato. Anche perché l'obiettivo di Letta e Angelino, tornare al voto nel 2015, non è così scontato: "Se nel 2014 non i fnno queste cose, ci portano viea di peso - profetizza Matteo -. La sinistra è finita e vincono Berlusconi e Grillo". 

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