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Travaglio si prende i meritiBelpietro, Feltri, Sallusti: "Il Cav non è finito"

Ferrara, Feltri, Belpietro

L'espulsione di Berlusconi dal Senato negli editoriali di Libero, Fatto, Giornale e Foglio

Nicoletta Orlandi Posti
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Non è finita. Almeno su questo tutti gli editorialisti sembrano d'accordo. Nel commentare la notizia del giorno, ovvero il sì alla decadenza per Silvio Berlusconi votato ieri pomeriggio dal Senato mentre via del Plebiscito metteva in scena il tributo al suo leader indiscusso e insostituibile, le penne di punta dei quotidiani nazionali sottolineano la determinazione del Cav di andare avanti. Maurizio Belpietro sostiene che "il Cavaliere non ha nessuna intenzione di arrendersi davanti agli eventi. Di certo non ha alcuna volontà di darla vinta alla sinistra e ai magistrati". "Berlusconi", puntualizza il direttore di Libero, "ha dalla sua un'arma formidabile ed è l'incapacità della sinistra di cambiare questo Paese". Secondo Belpietro, infatti, "i suoi più formidabili alleati sono proprio i compagni: perché se li conosci li eviti e preferisci lui. Anche ora, nella battaglia più dura, la sua forza viene dal confronto con chi gli si oppone. E più questo governo  rimane in vita, più fa danni con le manovre mille tasse, e più il Cavaliere va avanti nei sondaggi". Già ora sta avanti, fa notare il direttore di Libero, "ma fra sei mesi, se la situazione economica peggiorerà come temo, lo stacco con la sinistra potrà essere aumentato. E allora il ritorno di Berlusconi non sarà solo un'ipotesi. Per dirla con Montanelli", chiude Belpietro, "rieccolo". Sulla stessa lunghezza d'onda Vittorio Feltri. "La partita non finisce qui", sentenzia il fondatore di Libero. "Ci avviamo verso i tempi supplementari che garantiscono nuove polemiche e altri colpi di scena", scrive Feltri sul Giornale. "Berlusconi non è un fantasma, ma un uomo in carne e ossa non ancora domo e la sua presenza perserà nei prossimi mesi sui destini italiani. I cittadini sono arcistufi di questo osceno tormentone; quando si tratterà di votare non dimenticheranno quanto di sporco è accaduto e metteranno in pratica un proverbio riveduto e corretto: il miglior perdono è la vendetta". "Un Berlusconi martire e liquidato come un criminale minaccia di diventare assai pericoloso fornendo a Forza Italia il carburante di consensi per trionfare alle elezioni. Non si illudano gli aguzzini di farla franca", conclude Feltri. "Uccidere un nemico che ha tanti amici significa rischiare il peggio: di inasprire la battaglia e magari perderla". Anche Marco Travaglio ammette che "Berlusconi non finisce certo con la sua cacciata dal Seneto e nemmeno con la sua penosa decadenza anche psicofisica esibita ieri in piazza travestito da Juliette Gréco". Il vice direttore del Fatto quotidiano scrive che Berlusconi "finirà solo quando i milioni di italiani che continuano a credere e sperare in lui capiranno che non conviene. E quando tutti i berlusconi di destra, di centro, e di sinistra che infestano le istituzioni avranno seguito le sue orme. Possibilmente a un ritmo un po' più celere di uno ogni vent'anni". Travaglio spera che lo stesso lavoro sporco fatto per Berlusconi sia fatto per gli altri. E sul suo editoriale fa l'elogio degli artefici del capolavoro. Che non sono i senatori. "Il merito non è del Parlamento italiano", sentenzia Travaglio. "Ma di una serie di soggetti che stanno fuori". Di seguito l'elenco dei salvatori della Patria. "Anzitutto un pugno di giornalisti che denunciano da anni sullo scandalo degli onorevoli condannati". Poi c'è Beppe Grillo e alla sua campagna "parlamento pulito" al quale si deve l'approvazione della legge Severino. Poi ci sono i magistrati e uno in particolare: Antonio Esposito "fortunatamente capitato per normale turnazione a presiedere la sezione feriale della Cassazione nel luglio di quest'anno. Avrebbe potuto fingere di non vedere che, nel riquadro in alto a destra del fascicolo Mediaset, la Procura generale della Corte d'appello aveva segnato le date di prescrizione delle due frodi fiscali scampate alla falcidie del fattore tempo e alle leggi vergogna: 1° agosto 2013 per quelle del 2002, 1° agosto 2014 per quelle del 2003. Se si fosse voltato dall'altra parte, il processo avrebbe seguito i tempi normali: sarebbe stato assegnato alla III sezione della Cassazione, che aveva già confermato i proscioglimenti di Berlusconi nei processi milanese e romano per il caso gemello di Mediatrade (stessa prassi di gonfiare i costi dei film acquistati negli Usa, ma in anni successivi e con altre società-schermo rispetto al caso Mediaset). Oppure, come si vociferava nei palazzi, alle Sezioni Unite, con tempi più lunghi rispetto a quelli normali. Col risultato che il reato del 2002 si sarebbe nel frattempo prescritto e la Suprema Corte avrebbe dovuto annullare la sentenza e disporre un nuovo passaggio in appello per rideterminare la pena". Alessandro Sallusti invece individua i responsabili di quella che definisce una "piazzale Loreto bis" nel presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e nel presidente del Senato. "Il piccolo presidente Napolitano", scrive il direttore del Giornale, "detto dagli amici 'il coniglio' si è goduto lo spettacolo al riparo della fortezza del Quirinale durante la giornata, per poi festeggiare la sera al Teatro dell'Opera di Roma. Ha mandato avanti, il coniglio, un altro piccolo uomo suo servitore, che guarda caso è un fresco ex pm: si chiama Pietro Grasso". E' lui, secondo Sallusti ad aver diretto il plotone di esecuzione violando anche le ultime norme che erano rimaste da violare". Concludiamo la rassegna stampa con la chiusura dell'articolo principale del Foglio di Giuliano Ferrara scritto da Alessandro Giuli: "Una nazione che beve il sangue dei suoi vinti non avrà alcuna luce di sovranità nazionale".

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