Legge Stabilità, governo pone fiducia su maxi-emendamento. Tensione e urla al vertice
Il ministro Franceschini: "Ora verifichiamo la fiducia nell'esecutivo". Il testo ancora non arriva al Senato: contrasti col Pd
Urla, altissima tensione, rinvii. Il sempre più fragile governo Letta si gioca tutto sulla legge di Stabilità e lo scontro sia col Pd sia con il centrodestra (Forza Italia si è chiamata ufficialmente fuori dalla maggioranza, passando all'opposizione) somiglia, più che a un tiraemolla sul merito dei provvedimenti, a una resa dei conti finale. L'esecutivo, col fiato corto, ha deciso di porre la questione di fiducia sul maxiemendamento, interamente sostitutivo, alla legge di Stabilità. "La questione di fiducia sull'atto più importante che il governo fa - ha ammesso il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini - è un'occasione di verifica del rapporto fiduciario tra governo e Parlamento". Urla a porte chiuse - Un rapporto fiduciario in crisi anche con l'ala sinistra della maggioranza. A causa delle contestazioni degli esponenti del Pd all'esecutivo, infatti, è slittato l'approdo in Aula al Senato della legge di Stabilità. La seduta doveva riprendere alle 16 ma non è ancora iniziata. Il maxiemendamento del governo, infatti, non è pronto e da circa un'ora è in corso un vertice "ad alta tensione" tra ministri e maggioranza. Alla riunione sono presenti il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, il titolare dei Rapporti con il Parlamento Franceschini, il viceministro all'Economia Stefano Fassina, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini, il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta, il presidente della commissione Bilancio Antonio Azzolini, il senatore Ncd Renato Schifani, i relatori della legge di Stabilità, Antonio D'Alì (Ncd) e Giorgio Santini (Pd). Secondo l'agenzia Agi, nonostante le porte chiuse, si sono sentite distintamente le urla di alcuni partecipanti, segno delle fibrillazioni all'interno della maggioranza e del governo nella stesura del maxiemendamento su cui l'esecutivo ha posto la fiducia.