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L'Italia resta leader di sprechi:Pure la Francia taglia la Casta,ora spende la metà di noi

In due anni Camera, Senato e Colle hanno ridotto le spese di appena il 3% I transalpini (secondi tra i più spendaccioni) hanno risparmiato il 6%

Matteo Legnani
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I taglietti ai costi della politica durante la crisi sono stati così irrilevanti da avere ancora ampliato il divario fra la Casta italiana e quella del resto del mondo. Così se l'Italia è scesa rapidamente nella classifica dei Paesi più ricchi del mondo fra il 2011 e il 2013, è ancora più saldamente al comando mondiale della classifica  dei costi della politica. Negli ultimi tre anni infatti la spesa complessiva di Camera, Senato e Quirinale è scesa del 3,18 per cento, ma il secondo Paese nella classifica mondiale dei costi della politica, la Francia, è riuscito a fare di più, tagliando gli stessi costi del 5,56 per cento.  Risultato: a fine 2013 l'Italia avrà speso per Camera, Senato e Quirinale ufficialmente un miliardo e 838,5 milioni di euro. La Francia invece avrà speso per Assemblea nazionale (l'organo corrispondente  alla nostra Camera dei deputati), Senato ed Eliseo in tutto 939 milioni di euro. Il secondo Paese nella classifica mondiale dei costi della politica dunque spende circa la metà dell'Italia.  Partite di giro - Nella sostanza spende proprio la metà, perché la spesa complessiva effettiva 2013 del Quirinale - come si è appreso per la prima volta solo poche settimane prima che il presidente Giorgio Napolitano finisse il suo mandato al Colle -  è di 348,845 milioni di euro, assai più dei 243,6 citati nella nota integrativa al bilancio di previsione. Il Quirinale infatti conteggia come partite di giro in entrata e in uscita 75 milioni di euro di trattenute fiscali ai propri dipendenti, 4 milioni di euro di ritenute varie “per conto terzi” e 3,93 milioni di euro di ritenute previdenziali e assistenziali operate nei confronti dei dipendenti.  Non sono però una partita di giro per le tasche degli italiani, e visto che poi i dipendenti del Quirinale andranno in pensione e godono dell'assistenza sociale grazie a quei contributi, il costo reale del Quirinale per gli italiani è proprio di 348,8 milioni di euro, somma assai superiore alla dotazione ufficiale di 228 milioni di euro.  Il raffronto con la Francia è drammatico: i francesi spenderanno per l'Eliseo 103, 4 milioni di euro, meno della metà della spesa ufficiale per la presidenza della Repubblica italiana, addirittura meno di un terzo della spesa effettiva. Solo che la Francia è una Repubblica presidenziale, e l'Italia sulla carta una Repubblica parlamentare: in base ai poteri le spese di Quirinale ed Eliseo dovrebbero pertanto essere invertite rispetto alla realtà.  Invece di ridurre quella distanza già inspiegabile con la Francia, il braccino corto di Giorgio Napolitano ha ancora più aggravato la situazione. Il Quirinale fra il 2011 e il 2013 ha ridotto la sua spesa complessiva dello 0,40 per cento, una vera inezia. L'Eliseo invece l'ha tagliata del'8,69 per cento.  Con una differenza sostanziale fra i due Paesi: visto l'andamento dell'economia,  il divario è ancora più largo. La Francia nel triennio ha visto crescere il suo Prodotto interno lordo  (e quindi la ricchezza di tutti) dell'1 per cento. L'Eliseo quindi ha risparmiato rispetto alla media dei bilanci delle famiglie francesi il 9,69 per cento  reale. In Italia invece il Prodotto interno lordo  si è ridotto del 4,2 per cento, contraendo in eguale misura i bilanci medi delle famiglie italiane. Così il risparmietto di Napolitano si trasforma in un ulteriore vantaggio del 3,80 per cento  rispetto a tutti gli altri italiani: un incremento sostanziale in tempo di crisi.  Stessa cosa è avvenuta per Camera e Senato. La riduzione dei costi di Montecitorio è stata in termini assoluti del 4,80 per cento  (minore del 5,40 per cento  tagliato all'Assemblea nazionale francese). Ma in termini reali è stata di appena 0,60 per cento  superiore all'impoverimento medio delle famiglie italiane. Ancora peggio il Senato: sulla carta ha ridotto la sua spesa effettiva dell'1,15 per cento, ma il Pil è calato del 4,2 per cento, quindi in termini reali è come se palazzo Madama avesse aumentato la sua spesa del 3,05 per cento. Dato anche questo che contribuisce a rendere più scandalosi di prima i costi della politica in Italia: il Senato francese ha infatti tagliato i suoi costi del 4,77 per cento  (e del 5,77 per cento  in termini reali rispetto ai bilanci medi delle famiglie transalpine).  Laura Boldrini e i vertici dell'ufficio di presidenza della Camera si lamentano della scarsa visibilità data sulla stampa alla loro opera di riduzione dei costi della struttura, che non sarebbero sufficientemente apprezzati. Il fatto è che quella riduzione reale non c'è stata. I taglietti effettuati al bilancio di Montecitorio sono sensibilmente inferiori in termini percentuali a quelli imposti ai bilanci delle famiglie italiane. Il risultato è che la differenza fra ricchezza del palazzo e ricchezza delle famiglie italiane fra il 2011 e il 2013 è aumentata invece di ridursi: la Casta della politica è più casta di prima.  Benefit e altro - E non è questione di indennità parlamentare o di rimborsi spese più o meno farlocchi (che ci sono ancora, largamente diffusi). Quando si fanno confronti internazionali, i vertici del Parlamento italiano fanno grandi distinguo, ricordando che se qui vengono pagati a forfait al singolo deputato i vari benefit, negli altri Paesi europei quelli gravano direttamente sul bilancio dell'istituzione.  Il confronto fra bilanci però mette spalle al muro gli italiani, perché nei bilanci complessivi è contenuto tutto, che sia assegnato direttamente o no ai parlamentari. Dividendo i budget di palazzo per i parlamentari eletti, non c'è più fuga possibile. Ogni deputato italiano a fine 2013 costerà in media 1.674.466 euro. Ogni deputato francese costerà invece circa la metà: 897.556 euro. Stesso risultato se ci si trasferisce nell'altra assemblea. Ogni senatore italiano (compresi quelli a vita) costerà nel 2013 1.677.136 euro. Ogni senatore francese costerà invece 912.855 euro. di Franco Bechis

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