Cerca
Logo
Cerca
+

Filippo Facci: "Basta non se ne può più. Smettiamola col terrorismo sul virus"

Marco Rossi
  • a
  • a
  • a

Pare che il miglior virologo resti il buonsenso, introvabile più delle varie amuchine e mascherine che ormai servono solo a riconoscere i più sprovveduti, panicati, anche un filo ignoranti, tuttavia tutti innocenti e scusabili: perché il problema non è che la gente non abbia letto i giornali o non abbia ascoltato gli esperti, o addirittura non abbia ascoltato il governo: il problema è che l' ha fatto, ci ha provato, e il risultato è stato il caos. Troppa informazione, nessuna informazione. Così adesso stiamo diventando tutti «minimizzatori» quando una settimana fa i minimizzatori sembravano tutti incoscienti o malinformati. Perché, grazie al buonsenso e a i pochi fatti certi (che ci sono) ci siamo accorti che non ci sono veri morti per coronavirus, ma solo morti «con» coronavirus che erano giù malmessi di loro, tipicamente anziani e già in ospedale: il che non significa scoprire che il coronavirus colpisce soprattutto gli anziani, ma che, in assoluto, qualsiasi malattia esantematica è più grave tantopiù negli anziani, com' è normalissimo nei mammiferi. Nel 2011, mio figlio di tre anni prese la varicella e guarì in pochi giorni. Poi l' attaccò a me, e io finii in ospedale nel reparto infettivi con la mascherina dell' ossigeno. La mortalità del coronavirus, da 0 a 10 anni, è zero. Dai dieci ai 29 anni è 0,2. A salire. Sono «death reate» che valgono per il morbillo e per la comune influenza stagionale e per tutte le malattie che abbiamo il pregio di conoscere, e la differenza è tutta qui: il coronavirus non lo conoscevamo. Ma già sapevamo - ed è questo che i virologi dovevano spiegare, anziché fare i fenomeni - che il coronavirus ha perlopiù contribuito all' indebolimento di organismi, o allo sviluppo di altre patologie, oppure all' aggravarsi di patologie già esistenti: è persino possibile che i «morti per coronavirus», quelli che censiamo ogni giorno, sarebbero morti comunque e con la stessa tempistica: anche se il coronavirus non l' avessero preso. Il coronavirus non lo conoscevamo, si diceva: e la nostra epoca non è più predisposta all' ignoto. La banale verità è che neppure esperti e infettivologi di conseguenza ne sapevano nulla, e il metterli in contrapposizione tra loro è stato patetico anche perché qualcuno di loro si è prestato al gioco. L' ignoto fa paura - il noto no, tipo l' influenza o il morbillo, che fanno molti più morti - e allora che si fa, di fronte all' ignoto? È giusto muoversi con i piedi di piombo, ovvio, ma bisogna saperlo fare, e infatti è stato proprio lo scomposto balletto governativo e mediatico a scatenare il panico: si è passati da una palese sottovalutazione a un terrorismo di Stato che si è tradotto nei supermercati svuotati e nelle decisioni a grappolo che hanno fermato qualsiasi luogo di aggregazione, peraltro con comiche contraddizioni. L' unico Paese paragonabile al nostro, per reazioni, è la Cina, dove però il focolaio è divampato per primo e dove i morti sono migliaia. Nessun importante giornale tedesco, francese, inglese o spagnolo ha messo la questione del virus nelle prime pagine. Da noi, invece, la gente comune, non per forza stupida, ha detto: se d' un tratto fanno così, se prendono decisioni così drastiche dall' oggi al domani, accidenti, ma allora è grave davvero, e forse non ci stanno neanche dicendo tutto. La morale è che il coronavirus non ha fatto grandissimi danni, ma la paura del coronavirus sì. Potesse far causa a se stesso, lo Stato dovrebbe incriminarsi per procurato allarme, articolo 658 del Codice penale. È bastata una settimana non tanto per conoscere il virus, ma per fare una serie di errori passando da eccessi minimizzatori a eccessi allarmistici: così il virus è diventato sicuramente economico, con le scuole chiuse con l' imbarazzo di doverle riaprire, le socialità interrotte (anche se parlare del coronavirus è diventato un aggregante formidabile) e su tutto i gravissimi errori del governo, che è passato da un pilatesco lavarsene le mani a lavarsele nell' amuchina tutto il giorno, questo dopo aver ignorato - l' ingenuità più grottesca - che oltre ai voli diretti esistono i voli con scalo: da qui uno sputtanamento internazionale come non accadeva da quando il mal francese (la sifilide, che i francesi chiamavano mal napoletano) invase il Sud. Così il Norditalia è stato esageratamente serrato nonostante si stia parlando della locomotiva del Paese. In queste ore vari governanti locali e nazionali stanno decidendo se e che cosa riaprire e riavviare: il timore è che possano farlo non in base alla situazione oggettiva, ma - essendo politici, detto in senso deteriore - possano farlo sulla base della paura della gente, paura che in buona parte hanno creato loro. Gente che però è anche stufa: più della paura potè la noia e il bisogno non tanto dell' aperitivo, ma di lavorare. I primi segnali sono incoraggianti: mentre scriviamo, si parla di riaprire questo e quello, a Milano ormai si parla di riaprire pure le tombe del Monumentale e il sindaco ha realizzato uno spot che sembra quello Ramazzotti «Milano da bere» versione apericena. Per il resto, l' unico virus davvero inarrestabile pare quello che dovrebbe ammazzare quell' organismo debole e debilitato che si chiama governo, su cui gravano - speriamo bene - infezioni anticipate. di Filippo Facci

Dai blog