Matteo Renzi, la carta segreta: quattro richieste per Giuseppe Conte, altrimenti Marta Cartabia premier
Una donna a Palazzo Chigi. E magari, dopo un anno, al Quirinale. È questa la carta segreta che il più spericolato dei giocatori, Matteo Renzi, pensa di mettere sul piatto in questa pazza partita. Il nome è quello di Marta Cartabia, dall'11 dicembre eletta presidente della Corte Costituzionale, la prima donna a ricoprire quella carica. Cattolica, giurista apprezzata dai colleghi e stimatissima da Sergio Mattarella. Quel presidente con cui Renzi - come è notorio - non ha un grande feeling. Per tutte queste ragioni, Cartabia è il nome perfetto. In un sol colpo, gli permetterebbe di prospettare una soluzione appetibile a chiunque e a cui Mattarella non potrebbe dire di no. Sarebbe lei il nome per quel governo istituzionale che, nei sogni di Renzi, dovrebbe sfrattare da Palazzo Chigi l'odiato avvocato Conte, blindare la legislatura fino al 2023 e consentire di realizzare la riforma delle riforme, il sindaco d'Italia, l'elezione diretta del presidente del Consiglio. Una proposta lanciata mercoledì nel salotto di Porta a Porta e a cui Renzi, nonostante le reazioni a dir poco fredde di tutti i partiti, non ha ancora rinunciato. «L'11 agosto», ragionava ieri coi suoi, «ho proposto di fare un governo contro Salvini. Tutti mi hanno risposto picche. Il 19 agosto si è fatto». Renzi è convinto che, con il passare dei giorni, qualche apertura ci sarà. E se non ci dovesse essere? Allora, dicono i suoi, «si va al frontale». Con Conte. «Se ne torna allo studio Alpa». Come? I modi sono due. O la mozione di sfiducia al ministro Bonafede o il voto di fiducia che il premier ha detto di voler chiedere al Parlamento. «La prossima settimana», spiegava ieri il leader di Iv ai suoi, «vado da Conte con 4 richieste. Se le accetta tutte o quasi, bene. Se no, ci vediamo in Parlamento. E se ne torna a fare l'avvocato». A quel punto - dice il pokerista - dirà «vedo». Cioè voterà la sfiducia. Si apre la crisi e, siccome non si può tecnicamente votare fino a settembre e il 90% del Parlamento vuole arrivare a scadenza, il governo Cartabia vedrà la luce. UNA DONNA NON SI DISCUTE Nessuno, è il seguito del ragionamento, potrà dire che è una operazione di Palazzo, fatta solo per salvare le poltrone. «Portiamo la prima donna al governo del Paese. Ma cosa possono dire?». Non solo. Nel disegno del giocatore Renzi, Cartabia potrebbe, da lì, dopo un anno, arrivare persino più in alto. Al Quirinale. «Dopo un anno, nel 2022, si vota il presidente della Repubblica. Sarebbe il candidato ideale». Cattolica, giurista, la protetta di Mattarella. Prima donna premier e poi presidente. Renzi di nuovo si ritaglierebbe il ruolo di big player: dopo aver inventato il governo Conte Bis, sarebbe l'autore dell'esecutivo Cartabia e magari del primo presidente della Repubblica donna. Ovvio che, per ora, è solo un disegno. Sogni. I fattori mancanti sono tanti. Servirebbe un'apertura del centrodestra, della Lega. E una speculare del Pd. Tutte circostanze che, per ora, non si intravedono. Ma il tempo, in politica, può cambiare tutto. Molto dipende da come andrà l'incontro con Conte, la prossima settimana. L'elenco delle richieste lo ha anticipato nella enews settimanale. Primo, la giustizia: cancellare la riforma Bonafede sulla prescrizione. «Sulla giustizia, possiamo fare tutti gli sforzi di compromesso. Ma ci sono dei limiti insuperabili. Il giustizialismo è una patologia populista, il garantismo è la correttezza costituzionale». Secondo, sbloccare i cantieri delle opere pubbliche, nominando cento commissari. Terzo, cambiare o eliminare il reddito di cittadinanza. «Se ci sono 2.300.000 persone che lo ricevono e solo 39mila hanno trovato lavoro (meno del 2%) significa che non funziona». Infine, il sindaco d'Italia. «Non si può continuare a litigare così. Votiamo l'introduzione del sindaco d'Italia». Ancora: «Noi non vogliamo la crisi ma non siamo disponibili a diventare populisti. Il Pd teorizza: buttiamo fuori Iv e prendiamo i responsabili di Fi. Noi diciamo: se questo è ciò che volete, ok. Possiamo perdere le poltrone, ma non possiamo diventare grillini». Dunque, basta «teatrino», come lo aveva definito in Senato, presentando il piano sui cantieri. «Non desideriamo rompere, ma cerchiamo di trovare dei compromessi finché possibile. Un chiarimento si imporrà». Se saranno rose, bene. Se no, giocherà la carta della prima donna a Palazzo Chigi. di Elisa Calessi