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Berlusconi, ipotesi dimissioni per "guadagnare" il voto segreto

Silvio Berlusconi

Andrea Tempestini
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Tutto pronto per mercoledì 27 novembre. I grillini attendono con la bava alla bocca, i democratici si fregano le mani. Si "giustizia" Silvio Berlusconi, si vota sulla decadenza da senatore, e l'esito della consultazione - blindata con la forzatura del voto palese - appare scontato: la fine della vita istituzionale del leader di Forza Italia, fucilato anche dai suoi (ex) teorici alleati nelle larghe intese, gli onorevoli del Pd. Colpo di scena - Ed è in questo contesto, in cui rimangono ridottissimi margini di manovra, che potrebbe maturare l'ultimo colpo di teatro dell'ex premier: consegnare le dimissioni il giorno prima della decadenza. Certo, l'ipotesi dell'abbandono volontario non piace in primis a Berlusconi per motivi caratteriali, è troppo orgoglioso, ma anche perché l'aveva scartata quando Giorgio Napolitano gli chiese un passo indietro come premessa ineludibile per provare a seguire il percorso della grazia. Inoltre, nell'inner circle del Cavaliere, in molti chiedono di arrivare all'ultimo atto della battaglia senza mollare nulla, per amplificare così il rumore del caso politico. C'è poi la questione Europa: se infatti il Cav si dimettesse da senatore, verrebbero meno le ragioni e il fondamento del ricorso presentato alla Corte di giustizia europea contro il verdetto che lo ha visto colpevole nel processo mediaset. E quindi, verrebbe meno uno degli strumenti coi quali Berlusconi mira all'annullamento del processo e, dunque, della sua condanna. Cosa ci guadagna - Berlusconi, però, dalle dimissioni in extremis avrebbe anche qualche cosa da guadagnarci. Per prima cosa eviterebbe lo schiaffo dell'Aula, pronta a metterlo alla porta e ad esultare (Silvio è preoccupato e già rabbioso per la sicura reazione dei grillini, che si produrranno in sberleffi e festeggiamenti). Ma, soprattutto, l'ex premier, dimettendosi, "guadagnerebbe" il voto segreto sulle sue dimissioni. Eccola, l'ultima carta da giocare per cercare il "colpaccio" nel segreto dell'urna, dove avrebbe di certo maggiori chance di essere salvato. Il precedente e i tempi - Sulla decadenza, la Giunta elezioni del Senato ha già forzato il regolamento imponendo il voto palese, spiegando artificiosamente che non si vota su una persona ma "sulla regolare composizione dell'Assemblea. Un'interpretazione che non reggerebbe nel caso di dimissioni, perché si andrebbe a votare sull'atto volontario di un singolo senatore, di un atto che inequivocabilmente riguarda la persona. E c'è anche un precedente, quello di Cesare Previti, quando la Camera votò per le sue dimissioni. Prima del voto si cercò di derogare per ottenere lo scrutinio palese, ma la proposta venne bocciata: dunque, anche per il Cav, il voto sarebbe segreto. Un'ultima cartuccia da giocarsi, che però con tutta probabilità non permetterebbe a Silvio di guadagnare tempo: l'Aula potrebbe calendarizzare il voto sulle ipotetiche dimissioni anche il giorno successivo, sempre il 27 novembre.

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