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Vito Crimi, Alessandro Giuli: rappresenta l'elettore medio del M5s e seppellirà il Movimento

Caterina Spinelli
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Vito Crimi è un gregario naturale nato per fare di conto e poco più. E di questi tempi il Movimento Cinque stelle ha un disperato bisogno di uno come lui, che sia per una reggenza da capoclasse o per traghettare a miglior vita - modello Caronte - quel che rimane della banda grillina dopo l' addio di Luigi Di Maio alla leadership politica per via delle batoste elettorali passate e presenti e future. Perché in Crimi il grigiore da matematico mancato si combina perfettamente con la divisa moralista dell' avanzo di sagrestia che ha fatto il capo scout. Tutto in lui evoca il tipo umano che a scuola faceva la spia alla maestra, divideva a metà la lavagna facendo l' inventario dei buoni e dei cattivi, comminava pene da inginocchiatoio fra i corridoi dell' oratorio e via così. Lo guardi in faccia, serioso barbuto e stempiato com' è, e te lo immagini subito con i pantaloncini corti e le scarpe correttive anche quando indossa la grisaglia da parlamentare (è entrato in Senato nel 2013 dopo un vano tentativo di scalare la regione Lombardia, tre anni prima, con 144.585 voti). Ciò detto, con quel poco di ragionevolezza pentastellata già impegnata sui fronti caldi governativi nelle persone di Vincenzo Spadafora, Stefano Buffagni e Stefano Patuanelli, il meglio in circolazione nelle stanze sbertucciate del grillismo al tramonto è proprio lui: Crimi Vito da Palermo, già assistente giudiziario alla Corte d' Appello di Brescia, il quale peraltro da settembre scorso fa il viceministro dell' Interno anche se nessuno se n' è ancora accorto. IMPERMEABILE In realtà lui s' era fatto notare nel precedente governo nazionalpopulista di Giuseppe Conte, quando insieme con la Lega voleva salvare la Patria dallo strapotere delle burocrazie europee e dai loro terminali italiani annidati nel Pd, ovvero il «partito di Bibbiano». Ligio al mandato ricevuto da Beppe Grillo e Davide Casaleggio, allora Crimi faceva il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con deleghe alle aree sismiche italiane e all' editoria (e qui spesso le due cose coincidono). Da quest' ultima prestigiosa postazione ingaggiò un furibondo scontro per limitare l' appannaggio pubblico di Radio radicale. Ne nacque una tempesta mediatica e il compianto Massimo Bordin ritagliò intorno a Crimi la tranciante definizione di «gerarca minore». Leggi anche: Salvini, i dubbi dopo il passo indietro di Di Maio: "Con che grillino può parlare la Lega" Ma lui, impermeabile a ogni bastonatura circense e alla maldicenza dei salotti perbene o di quelli in odore di clandestinità, andò avanti finché possibile (poco) salvo poi scomparire dai radar dell' editoria dopo il ribaltone estivo di Palazzo. Insomma, sotto la crosta inespressiva della sua finta bonomia (la rocciosa sua collega Roberta Lombardi lo chiama «Vito orsacchiotto Crimi»), non gli fa certo difetto il realismo. Per altri, meno generosi di noi, si tratta invece di un cronico stato confusionale che nel tempo l' ha portato a votare, per sua stessa ammissione, da Rifondazione Comunista ad Alleanza Nazionale passando per Italia dei Valori, Verdi e Ulivo: «Ho votato molto per le persone, votavo per le persone che ritenevo valide e che mi convincevano. Prima si poteva fare questo esercizio delle preferenze». E che cos' è, questa, se non la traiettoria standard dell' uomo comune o dell' elettore medio pentastellato? CARONTE Ecco dunque una buona ragione per la quale il profilo di Crimi corrisponde all' identikit ideale del fedele Caronte che intruppa gli effettivi di un Movimento oltretombale e fa lo spartitraffico tra il Tartaro e i Campi Elisi. L' obolo lo paga Di Maio, che ha perso il controllo dei gruppi parlamentari e la benevolenza di Grillo ma non è comunque disposto a farsi da parte come un principino senza corona con la sindrome del Conte di Montecristo da Pomigliano. Perfino per Crimi le insidie non mancheranno: con Alessandro Di Battista destinato a rientrare dal viaggio in Iran carico a pallettoni; con i ministeriali sopra citati in crescita ponderale; con la necessità di mettere su entro marzo un progetto di Stati generali grillini che non appaia come un lascito testamentario. Ma attenzione: in quest' ottica Crimi potrebbe rivelarsi la persona giusta al posto giusto. La sua aura di quietismo timido e puritano lo tiene distante dai proclami ingenui ai quali è stata impiccata la leadership dimaiana, del genere abolizione della povertà e altre roboanti amenità, per capirci. In un mare politico solcato da uragani, affidarsi al contabile Crimi significa irrobustire le retrovie, salvare e consolidare il salvabile, dare un segnale di lasca discontinuità senza dotarsi d' una tattica precisa e perciò senza ipotecare la prossima strategia.Dopodiché, fatte le debite proporzioni, il caso di Nicola Zingaretti nel Pd dovrebbe fungere da lezione: era l' usato sicuro al quale consegnare un partito allo sfascio, si è rivelato un tenace tessitore di potere perfino suo malgrado e adesso assicura che non mollerà la poltrona di segretario nemmeno se la destra gli sfilerà l' Emilia-Romagna (presto verificheremo). In mancanza di meglio, il meno peggio ha sempre un futuro davanti. di Alessandro Giuli

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