Giulia Bongiorno: "La Lega non ha ceduto a Bonafede, il Pd sì. I numeri per fermare tutto ci sono ma..."
La senatrice leghista Giulia Bongiorno sa bene di cosa parliamo, quando puntiamo l'indice contro la fine della civiltà giuridica provocata dall'abolizione della prescrizione entrata in vigore a gennaio, per mano dei Cinque stelle e del loro Guardasigilli Alfonso Bonafede. Perché lei, avvocato penalista di fama prestata alla politica, con i grillini ha governato per un anno abbondante. Ma questa riforma, dicono gli avversari, è maturata durante il governo gialloverde e porta le impronte di Matteo Salvini «È falso. Io, in quanto responsabile Giustizia della Lega, ero presente alle riunioni con i colleghi dei Cinque stelle. Ho spiegato più volte quello che sanno tutti: il provvedimento di Bonafede era un errore madornale e ho fatto in modo che venisse sancito un preciso accordo con Luigi Di Maio: quella legge sarebbe entrata in vigore soltanto dopo aver stabilito nuove norme per accelerare il processo penale. Di qui la decisione di differire l'applicazione». Queste norme non hanno mai visto la luce «Il che dovrebbe appunto far comprendere la coerenza della Lega. Di fronte all'ennesimo no dei Cinque Stelle alla richiesta di ridurre i tempi dei processi prima di bloccare la prescrizione era evidente che non potevamo governare con chi riteneva l'abolizione della prescrizione una legge bandiera non negoziabile». Entriamo nel merito. Dopo una legge di bilancio da Stato di polizia fiscale, adesso con il nuovo anno siamo veramente all'alba di un medioevo giudiziario chiamato "Fine processo mai"? «Sarà così se non s'interviene con dei correttivi. La riforma Bonafede nasce dalla volontà di inseguire un consenso popolare basato sull'equivoco di una visione della giustizia come un colpo affrettato e sommario contro i presunti colpevoli; ma soprattutto origina dalla scarsa conoscenza del sistema processuale italiano». Leggi anche: "Se al governo non sono capaci...". Salvini, schiaffo a Di Maio sulla Libia: la verità sul dossier I grillini la contrabbandano come la soluzione alle lungaggini giudiziarie che penalizzano le vittime. Per loro la prescrizione è un salvacondotto ingiusto. «Intanto è assolutamente evidente che quando un processo si prescrive è una sconfitta dello Stato che non è riuscito tempestivamente ad arrivare all'ultima sentenza; ma guardi che per lo Stato è una sconfitta anche tenere ostaggio per sempre una persona, innocente o colpevole che sia. Questo va chiamato ergastolo processuale». E le vittime? «Le vittime dei reati vogliono una sentenza definitiva in tempi ragionevoli, senza di che non ottengono il risarcimento del danno e non vedono riconosciuta la pena al colpevole; anche nella loro ottica il bersaglio della legge di cui stiamo parlando è sbagliato. Tutti sanno, ma a Bonafede evidentemente sfugge, che la prescrizione ha il ruolo fondamentale di pungolo, è come una ghigliottina che serve ad accelerare l'iter processuale. E vorrei aggiungere un paradosso che ho constatato di persona: alcuni hanno rinunciato alla prescrizione perché vogliono dimostrare la propria innocenza per questioni di onorabilità professionale; ebbene, una volta stabilita la rinuncia non gli hanno più fissato i processi: sono rimasti prigionieri della giustizia». Ci sarà pure un modo d'intervenire sulla giustizia per armonizzare le istanze di tutte le parti. «Certo che c'è, e ai grillini ho provato a spiegarlo più volte: il problema sono i tempi morti tra una fase e l'altra; l'obiettivo dovrebbe essere quello di eliminarli, non di dilatarli precludendo la possibilità di un giusto processo come comporta il testo di Bonafede». In Parlamento c'è una maggioranza contraria alla sospensione, perché non fa valere le proprie ragioni? «Questa maggioranza esiste pure fuori dal Parlamento! Si stanno schierando anche tecnici e professori né di destra né di sinistra: chi s'intende di diritto si rende conto che così muore il processo penale! Anche giuristi di sinistra, tutto tranne che leghisti, stanno protestando. Quanto al Parlamento, la maggioranza trasversale nasce dalla consapevolezza diffusa dell'errore clamoroso di cui le dicevo; ma, a parte le opposizioni di centrodestra, tutto si riduce a fare appelli. Non capisco, non si fanno appelli al ministro, quando non si è d'accordo si agisce con coerenza. Mi rivolgo al Pd: noi abbiamo detto stop al governo, pur di non mandare avanti il blocco della prescrizione. Altro che appelli». Lei con i Cinque stelle ha governato, Lega e grillini hanno approvato leggi controverse come la "spazzacorrotti". Anche voi avete legittimato questa svolta giustizialista? «Alcune delle leggi fatte con i grillini, se la Lega avesse potuto governare da sola, sarebbero state scritte in modo diverso. L' esclusione dei benefici previsti dall' ordinamento penitenziario per i condannati per i reati contro pubblica amministrazione ha creato caos con riferimento ai procedimenti in corso: si pensi a chi ha scelto di patteggiare una pena inferiore ai tre anni nella convinzione di poter richiedere misure alternative al carcere, ritrovandosi improvvisamente in carcere. È stata chiamata in causa la Corte Costituzionale per dirimere il grave disordine creato da questa norma. E poi penso al traffico d' influenze: se lo ritocchi, devi regolamentare, con legge, l' attività di lobbying al fine di tracciare con precisione il confine tra lecito e penalmente rilevante». Fare il lobbista in Italia ancora oggi è un marchio d'infamia. «Ma tutti sanno che spesso certi emendamenti sono anche espressione di gruppi portatori di interessi. Avevo chiesto una legge di regolamentazione, non c' è stato niente da fare. È mancata la comprensione delle priorità». È vero, come dice il procuratore Roberto Scarpinato, che in Italia c' è un' illegalità di massa trasversale e una domanda smisurata d' impunità? «Questo è il punto di vista dei grillini. Ed è stato uno dei maggiori punti di frizione: abbiamo una visione culturale opposta. Ricordo che più di una volta, in Consiglio dei ministri, abbiamo discusso sui fondamentali del garantismo. La tutela delle garanzie è sancita dalla Costituzione, non si tratta di favorire l' impunità. Loro invece la considerano non un valore ma qualcosa da cui prendere le distanze, per loro siamo tutti presunti colpevoli. Sa cosa penso? Che l' obiettivo finale dei Cinque Stelle sia abolire il processo accusatorio, e rendere più conveniente evitare il dibattimento e optare per il patteggiamento. Non hanno la cultura del dibattimento in cui si sottopongono a verifica gli elementi di indagine, con l' immissione delle prove acquisite nel contraddittorio tra le parti». Anche lei pensa che il Pd abbia barattato il via libera a Bonafede con una revisione in senso meno rigido del sistema di intercettazioni? «Il Pd ha una doppia responsabilità: non ha evitato riforma Bonafede e ha fatto entrare in vigore una pessima legge sulle intercettazioni che ne amplia a dismisura l' utilizzo; a discapito del vero processo fondato sulla meticolosa analisi di tutte le fonti di prova. E guardi che io non sono affatto contraria alle intercettazioni: quando Silvio Berlusconi voleva eliminarle dalle inchieste per i reati contro la Pubblica Amministrazione io l' ho bloccato; ma oggi ci troviamo di fronte a una pesca a strascico. E il Pd non si è mai distinto per riforme efficaci, come dimostrano i pannicelli caldi prodotti dall'ex Guardasigilli Andrea Orlando». Si avvicina il voto in Giunta al Senato sul caso della nave Gregoretti. Come andrà a finire per Salvini? «In Giunta tutto dipenderà da quanto il voto sarà strettamente vincolato ai diktat dei leader di partito o alla lettura delle carte. Su queste non ho dubbi: tutti gli elementi sono pro Salvini, è un doppione del caso Diciotti. Nella memoria depositata dall'ex ministro dell'Interno è stato documentato che Salvini non soltanto non ha compiuto un solo atto per trarne vantaggio politico personale ma tutte le decisioni, assunte nell' interesse pubblico e condivise con Palazzo Chigi e i Ministri competenti, erano conformi alle linee dell' esecutivo sui flussi migratori stabilite al punto 13 del Contratto di governo. Nessuno voleva bloccare i migranti, si stavano cercando soluzioni per la redistribuzione. Secondo una prassi già consolidata finalizzata alla difesa dei confini. Gli atti parlano chiaro». Il premier Conte obietta che lui si è solo occupato di cercare una collocazione internazionale per i migranti. «Ritenere la ricollocazione dei migranti e la questione dello sbarco due fasi indipendenti e separate è un ossimoro. Si è trattato di una gestione unitaria, che prevede fasi complementari consecutive e armoniche». Gli avversari di Salvini lo invitano a non difendersi dal processo ma ad affrontarlo a testa alta come ha sempre promesso. «La sua non è una difesa dal processo. Per andare a processo volontariamente Salvini dovrebbe mentire e dire "ho fatto tutto per interesse personale e per lucrare politicamente". Ecco perché non può dire "processatemi". La Giunta decide solo su questo: se il Ministro ha agito per l' interesse pubblico oppure no; il tema del decidere riguarda la sussistenza del preminente interesse pubblico». Siamo rimasti sempre lì: abbattere il nemico politico per vie giudiziarie è una scorciatoia troppo invitante «Il paradosso è che abbiamo visto i Cinque Stelle inseguire per mesi Salvini sul tema della sicurezza e sul controllo dell' immigrazione; lo facevano per frenare la fuga di consensi verso il capo della Lega. Ho un preciso e nitido ricordo del loro tentativo di diventare protagonisti di quella svolta sancita da Salvini. Oggi è chiaro che vogliono abbatterlo per vie giudiziarie. Quanto al Pd, si accinge a votare per mandare a processo Salvini ma non i grillini che con lui hanno condiviso quelle scelte, perché ora governano insieme». Salvini ha qualche responsabilità? Dire "la pacchia è finita" per i migranti forse non ha giovato alla comprensione della battaglia. «No, lui ha dimostrato soltanto di essere coerente. Aveva fatto delle promesse in campagna elettorale, è andato al Governo e le ha mantenute. L' espressione "la pacchia è finita" può piacere o no, e io stessa molte volte lo invito alla cautela. Ma lui ha un linguaggio diretto. Il suo consenso deriva dal fatto che la gente ha bisogno di vedere coerenza nei politici che ha votato, e Salvini è stato di parola». Ai tempi di Mani pulite la Lega agitava i cappi in Parlamento, oggi è diventata garantista? «Il garantismo è un baluardo. Ma non è in contrasto con il principio della certezza della pena sostenuto da sempre dalla Lega. Ciascuno di noi deve poter godere di tutte le garanzie fino alla sentenza definitiva; dopo, in caso di condanna, non c' è spazio per alcun perdonismo o svuotamento della pena. Io mi sono avvicinata alla Lega anche per questo». di Alessandro Giuli