Giuseppe Conte, tutto ciò che non vogliono gli italiani: il 55% chiede un leader forte
La maggioranza assoluta degli italiani, il 55 per cento, ritiene che ci sia bisogno di un «leader forte» che governi questo Paese. E allora perché il comando della nostra baracca, ce l' hanno i poteri deboli ma appiccicosi? Perché il sistema e chi lo incarna dentro le istituzioni forse si è un pochino dimenticato della perentoria ma inutile asserzione del primo articolo della Costituzione: «La sovranità appartiene al popolo», il quale però non la esercita, è senza potere, senza neppure la soddisfazione di essere schiacciato dalla mazza del potere forte, ma soffocato dal cuscino dei poterini cretini e furbini. Lo capiscono tutti. Qualsiasi pensatore serio lo dice e lo scrive. Ieri sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia ha spiegato quel che francamente andiamo dicendo da anni: che questa Costituzione, che andrebbe ribattezzata Costipazione, e il reticolo di poteri che occupano lo Stato sono fatti apposta per garantire il posto a chi non decide nulla. Chi infatti ha provato e prova a muovere il timone verso altri orizzonti è preso, torturato, morto. Resiste solo chi cavalca con gambe molli la debolezza. Leggi anche: Annalisa Chirico, missione a Mosca da Vladimir Putin Ed è esattamente quello che ieri ha detto Paolo Mieli in un' intervista al Fatto quotidiano a proposito di Giuseppe Conte che resiste e resisterà perché «rafforzato da tutte le debolezze». Queste debolezze sono il nostro inferno petulante. Queste debolezze non avendo ragioni e muscoli propri, quando si sentono minacciate, passano la mano all' acciaio manettaro delle toghe d' avanguardia. È la logica con cui è stato eliminato Bettino Craxi, garibaldino in esilio; il tentato impeachment di Cossiga trattato come un matto pericoloso (Kossiga!); la ghigliottina del bunga bunga allestita sul collo di Berlusconi; e oggi - per fortuna solo in progetto - l' Amaro Diciotti Isolabella che vogliono far deglutire a Salvini poteri deboli e pm forti. LEVE NON LEGACCI 55 per cento - ripetiamo - vogliono che siano date a un leader le prerogative del comando. Non più cento leve piene di legacci e lacciuoli su cui ronfano e grattano il grasso un formicolio di gnomi e di nani, ma pochi pulsanti affidati a uno capace di badare alla sicurezza interna ed estera, di tagliare le unghie alla burocrazia che campa sul rinvio e sul soprassedere (dove sedere va letto nel senso del verbo e dell' anatomia), mettendo in riga le corporazioncelle che campano sulle rendite di posizione. Come dimostra il sondaggio il popolo sol che avesse gli strumenti per esercitare la propria sovranità, spazzerebbe via questo pulviscolo di poterucci, che ci entrano nel naso, che inondano qualsiasi orifizio come la sabbia del deserto. E non per via di violenza o di spallate, ma con la onesta arma della democrazia, come vedremo tra poco. Massì, gli italiani dicono: uomo forte ma democratico. Intanto bisogna situare il contesto di questi dati. Si intitola «Rapporto Demos, gli italiani e lo Stato». Chi ha commissionato l' indagine è Repubblica, che ce l' ha a morte con l'«Uomo nero», qualche volta chiamato anche l'«Uomo bianco dell' onda nera», ma che è sempre lui, Matteo Salvini. Nel testo e nelle tabelle confezionate da Ilvo Diamanti, questo 55 c' è, eccome se c' è. Diamanti è scrupoloso. La clamorosa scoperta però nei titoli non esiste, sparisce, non c' è, è sommersa da fuffa varia. Umberto Eco battezzò questa tecnica «censura additiva». Aggiungere per impedire la vista, per mascherare la notizia non conforme alla linea. Il titolo di prima pagina del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari dice a caratteri cubitali: «Vengo anch' io. Cresce la voglia di piazza». Quale? Risposta: «Da Greta alle Sardine». Saltiamo d' un balzo queste meschinità. Ed è l' altro dato molto interessante e occultato. Esso è stato ricavato dal medesimo campione di intervistati (8.297 italiani). I quali - abbiamo detto - vogliono il «leader forte». IL PERICOLO VERO Ma ecco che il 67 per cento di loro crede che «la democrazia è preferibile a qualsiasi altra forma di governo». Bisogna tenere i due concetti insieme. Non è una contraddizione, ma la serietà del buon senso. La democrazia serve a sceglier l' uomo forte. A controllarlo, a cambiarlo. Questo dato disarma gli antifascisti della mutua. Se ci fosse onestà intellettuale questa evidenza dovrebbe spingere prima di tutto Renzi, come abbiamo scritto ieri, ma anche il Pd e persino i Cinquestelle a non attaccarsi più alla balla solenne e vigliacca secondo cui hanno messo su un governo di legislatura per evitare un terrificante governo salviniano, senza garanzie di democrazia, insomma fascista. Basta così. Il pericolo vero è quello che stiamo correndo vivendo affondati nella pece del non decidere, mentre i parassiti che occupano i posti di comando, si accontentano di farsene avviluppare, invece di avere la dignità di esporre al giudizio del popolo scelte precise e dirimenti. Questo vale per il governo, autore di una legge di bilancio passata al Senato e alla Camera con una fiducia dove persino chi l' ha data è sfiduciato. Vale per il capo dello Stato, che non ci stancheremo mai di definire saggio, ma saggezza non vuol dire per forza prendere atto dello status quo che si regge esattamente sul parassitismo di una situazione parlamentare che nulla ha a che fare con il sentimento diffuso nelle case, per le strade, nei supermercati, mentre ci facciamo gli auguri. SUPINI Persino Banca D' Italia e il suo governatore, che dovrebbero essere l' essenza dei poteri forti, valgono zero. Privati del potere di battere moneta, constatiamo che non hanno sufficienti mezzi per vigilare e impedire i disastri. La nostra dannazione non sono i poteri forti, ma quelli che vogliono che gli italiani muoiano soffocati dal colera dei poterazzi deboli, stuoini del mezzo potere dell' Europa e del potere magno della Cina che ci vogliono così: sdraiati come i nostri governanti striscianti. Per fortuna qualcosa d' altro fiammeggia sotto questa cenere funeraria che Conte, Franceschini, Di Maio e Zingaretti vogliono spargere addosso invece della neve sul presepe. Al diavolo il luogo comune secondo cui sovranismo-leader forte-presidenzialismo sarebbero anticamera di un regime dittatoriale, o addirittura del nazismo come imprudentemente viene ripetuto dalle élite europee, da quelle finanziarie e dalle gerarchie ecclesiastiche quasi fosse ormai l' unico dogma indiscutibile insieme a quello del panettone a Natale. La non-democrazia è utile ad annegarci in una perenne brodaglia, la «morta gora» vituperata da Dante Alighieri. È il caso di alzare gli occhi, scorgere la Cometa, e guai a chi la chiama stella, dopo quelle cinque anche una ci pare troppo. di Renato Farina