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Paolo Becchi sul dramma politico di Luigi Di Maio: "La manina di Davide Casaleggio sul voto su Rousseau"

Cristina Agostini
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Fa pena per chi è stato per un certo periodo vicino al M5S e persino iscritto, e che sentiva quasi quotidianamente per telefono Gianroberto Casaleggio, assistere alla lenta agonia di un MoVimento che doveva (e poteva) cambiare l' Italia e in cui milioni di italiani hanno creduto. Non mi si dica che comunque con la presenza del M5S è cambiato in Italia il modo di fare politica. Non è il MoVimento che ha cambiato la politica, ma la politica che ha cambiato il MoVimento. Entrato prima nel palazzo e poi nella stanza dei bottoni, gli eletti si sono sistemati su comode poltrone e hanno dimenticato che erano semplici cittadini che dovevano fare non i fighetti alla televisione ma i portavoce dei cittadini. In dieci anni il M5S non ha cambiato niente di sostanziale. Anche dire che è stata la risposta alla crisi dei partiti è falso perché i grillini da MoVimento si sono trasformati in partito. Come pure dire che il MoVimento è in continuo MoVimento, in evoluzione, è solo un modo per nascondere l' involuzione e la perdita di identità. Il tentativo di dar luogo ora ad una riflessione generale sul futuro del MoVimento e tardiva. Ha poco senso parlare di futuro sul letto di morte. Leggi anche: Ecco i sei grillini con cui azzerano Luigi Di Maio: svelata la mossa di Grillo e Casaleggio, i nomi Può essere che qualche volta la storia si ripeta, ma il fatto è che il M5S ha perso una occasione storica. Il declino era già da tempo in atto, ma Beppe Grillo ha dato questa estate il colpo di grazia al MoVimento che aveva contribuito a creare. L' odio che ha sempre nutrito per Salvini lo ha portato a far abbracciare il M5S al Pd e l' abbraccio è stato mortale. Un suicidio collettivo messo in atto da Grillo. Ci ha provato con l' Umbria a dimostrare che non era vero, ma era vero. Ora votare o non votare in Emilia e in Calabria cambia poco. Continuerà la lenta agonia sino a quando gli italiani voteranno alle politiche e staccheranno la spina. Sul voto svoltosi recentemente sulla piattaforma Rousseau si sono dette un sacco di balle. E ormai tutte le colpe sono di Di Maio, il capro o meglio la capra espiatoria. Ma chi lo ha voluto il voto su Rousseau? Nessuno si è posto questa domanda. Vediamo di dare una risposta. C' è un capo politico, e c' è un garante; il non voto tornava ad entrambi comodo, anche per tener calmi i parlamentari. Ma c' è una persona che come figlio di un Grande si deve essere cominciato a rompere i coglioni e allora ha imposto il voto sulla piattaforma: Davide Casaleggio, che sta sempre più rendendosi conto che quel MoVimento sarà pure in continuo movimento ma in una direzione che Gianroberto non avrebbe mai accettato. Davide Casaleggio non è stato a questo gioco e ha voluto il voto, sparigliando le carte. Il voto ha così sfiduciato entrambi. LO SCONFITTO - Il primo a uscire con le ossa rotte dal voto di giovedì sera è Grillo. È stato lui a volere l' accordo con il Pd. Dopo la batosta in Umbria, la sua idea è stata quella di non presentare M5s in Calabria ed Emilia-Romagna per fare in modo che il voto del Movimento andasse al candidato Pd. La rete ha bocciato questa scelta. Il voto ha sconfessato anche Di Maio, che dice di non volere mai più un accordo con il Pd proprio mentre siede con il Pd nei banchi del governo. Ma Di Maio ha una forza contrattuale pari a zero e suggella il fatto che questo è un governo del Pd dove M5s fa solo il portatore d' acqua. Era il partito di maggioranza. Paradossale, no? Davide Casaleggio ha capito che il Movimento creato da suo padre è finito. Si tratta solo di gestirne la fase terminale, un' agonia che può essere più o meno lunga. Oppure di rilanciare M5s cambiando tutto, facendo un Movimento 2.0. Ma ci vorrebbe la genialità di Gianroberto, che non c' è più. Altro che «stati generali», che sono solo un bluff, una comparsata dei soliti noti con un po' di veline intorno. Ci vorrebbe un «Sum» come quelli che faceva a Ivrea, mettendo insieme persone con la testa, raccogliendo le istanze del presente e guardando al futuro. Sum non è l' abbreviazione di summit, ma è il latino «sono», «io sono». NUOVI TEMI - Sapendo che buona parte del tuo elettorato è già andata nella Lega, bisognerebbe impostare il Movimento sui temi apparentemente nuovi che vanno forte a livello europeo: diseguaglianze e ambiente, questione sociale e questione ecologica. Dico apparentemente perché nella realtà sono stati da sempre parte integrante, ma trascurata, di M5s. Gianroberto era ambientalista, ma il suo era un ambientalismo compatibile con il lavoro, con l' industrializzazione. Sapeva che se le due cose non si incontrano, bisogna cercare strade nuove. Olivetti era così. E Gianroberto pure. Adesso la sua creatura è un' altra cosa. Solo tatticismi fine a se stessi e grisaglie da parvenu della politica. E soprattutto, poltrone. Davide ha capito che questo M5s non ha più a che fare con il Movimento di suo padre e vuole accelerarne la fine. Per rifondarlo? Per fare qualcosa di nuovo? Non lo sappiamo. A questo punto meglio finire al più presto questa storia ormai priva di senso. Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine.  Ma Grillo non ci sta, lui vuole Prodi al Quirinale, e allora ecco l' ultima mossa. Come garante prende nelle mani il MoVimento e di fatto commissaria Di Maio. Il progetto di costruire un partitino di sinistra va avanti ma Grillo non ha il coraggio di proporre espressamente un accordo col Pd in Emilia - questo lo avrebbe costretto a sfiduciare Di Maio - per cui si inventa la formula del «voto per beneficienza», un modo tattico per dire che presenteranno formalmente le liste con il non detto di votare Pd. L' idea di costruire un nuovo centrosinistra, destinato a «progetti bellissimi» nei deliri dell' Elevato, è ormai quella che ha vinto nel M5S. Nello scontro al vertice il capo indebito ha dovuto cedere al garante: e la via indicata a sinistra è ormai definitivamente tracciata. Tatticismi sull' orlo dell' abisso. Ci cadranno dentro insieme. di Paolo Becchi

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