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La scissione del Pdl: ecco chi perde e chi ci guadagna

Quagliariello, Letta, Alfano, Berlusconi, Fitto, Renzi

Andrea Tempestini
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La scissione è freschissima, ma compiuta e irreversibile. Da un lato Silvio Berlusconi e i falchi tornano a Forza Italia. Dall'altro Angelino Alfano, le colombe e i filogovernisti creano il Nuovo Centrodestra. Il Pdl è storia: non esiste più. Scissione freschissima, ma è già tempo di provare a stilare i primi bilanci. Né Silvio né Angelino volevano la rottura, che però, complici le spinte delle rispettive fazioni, è stata inevitabile. Entrambi, però, hanno dei motivi per sorridere. E, forse, la rottura è stata meno traumatica di quanto si possa immaginare. Ora ci si chiede: con la rottura, chi ha vinto e chi ha perso? La scissione Pdl: chi vince e chi perde Il videoeditoriale di Pietro Senaldi Silvio Berlusconi - Il Cavaliere perde Alfano, che per lui è "come un figlio", ma raggiunge un suo vecchio obiettivo: il ritorno a Forza Italia. Ora l'ex premier avrà le mani libere per fare una fiera opposizione a un governo che ha sì inizialmente sostenuto, ma che non gli è mai piaciuto. Inoltre si avvicina l'appuntamento con le elezioni Europee, dove Berlusconi potrà cavalcare il sentimento antieruopeista sempre più palese in tutto il Vecchio Continente. A tutto ciò si aggiunge che la "reunion" politica con Alfano è già stata programmata. Silvio, in definitiva, ha molti motivi per sorridere. Angelino Alfano - Anche l'eterno delfino ha buoni motivi per non vivere la scissione come qualcosa di negativo. Certo, a livello umano spiace aver rotto con Berlusconi. Ma Angelino, per la prima volta, si è davvero emancipato. Ha dimostrato di essere un leader, di avere il "quid", e anche di avere numeri significativi in Parlamento. Restando vicepremier, inoltre, resterà nella stanza dei bottoni di Palazzo Chigi con un ruolo di rilievo. La rottura con Berlusconi, inoltre, si è consumata in modo non (troppo) traumatico: entrambi hanno reciprocamente ribadito la loro stima. E i due, come già detto, sono destinati a rincontrarsi. Falchi & Colombe - Per le due fazioni che negli ultimi mesi hanno dilaniato il Pdl, apparentemente vincitrici (hanno raggiunto il loro obiettivo), il futuro non sarà così semplice. Per i falchi, fuori dalla maggioranza, si prospetta un lungo periodo senza incarichi di rilievo. Per le colombe di Alfano, al contrario, il nodo saranno le prossime elezioni: per riconfermare l'intera fetta di partito che si è schierata col vicepremier, alle urne servirebbero percentuali vicine al 15 per cento. Probabilmente un traguardo irraggiungibile. Inoltre, falchi e colombe, pur sotto simboli e nomi diversi, sono destinati a rincontrasi: l'ultima cosa che desiderano. Enrico Letta - La scissione, lo evidenziano i numeri, lo indebolisce. Ora la maggioranza è risicata, in Senato è di appena 13-15 unità. Il suo esecutivo ha il fianco esposto. Certo, gli alfaniani, governisti senza indugi, sono una robusta stampella. Ma questo esecutivo, ora, è troppo soggetto agli umori di chi, affrancandosi, potrebbe condannarlo (Renzi? Lo stesso Alfano nel momento in cui i democratici tireranno troppo la corda?). Matteo Renzi - La spaccatura Pdl lo indebolisce moltissimo: tra un mese sarà segretario di un Pd che è l'azionista di (super) maggioranza di questo governo, un governo il sindaco non ha mai digerito. Renzi dovrà sostenere le larghe intese, misure impopolari comprese, logorando la sua immagine in vista del prossimo duello elettorale (in qualsiasi momento avverrà). Se invece, da leader del Pd, decidesse di rompere col governo, per paradosso, condannerebbe un premier proprio del Pd. Una situazione intricatissima (leggi l'approfondimento). di Andrea Tempestini

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