Paolo Becchi, lo strano intreccio tra M5s e magistratura: "Pazzesco, cosa gli hanno concesso di fare"
Sta sfuggendo alle cronache politiche il significato dell' ordinanza cautelare del collegio del Tribunale di Roma che, pronunciandosi sul ricorso promosso da Gregorio De Falco avverso il provvedimento di espulsione dal MoVimento 5 Stelle, lo ha rigettato, ritenendo rilevante - ai fini della rescissione del rapporto associativo - il vincolo di mandato introdotto dal codice etico attualmente vigente. Per meglio capire la portata dell' ordinanza, che se confermata in sede di merito renderà inutile il procedimento di revisione costituzionale dell' art.67 (quello che esclude il vincolo di mandato), occorre fare un passo indietro. Il 31 dicembre 2018 il collegio dei probiviri del partito di Grillo ha espulso Gregorio De Falco contestandogli due condotte: 1) l' aver votato, in Commissione lavori pubblici, a favore dell' emendamento che eliminava in radice la possibilità di applicazione del condono del 1985 agli abusi edilizi commessi ad Ischia tra il 1990 e il 2003; 2) il non aver votato la fiducia in sede di conversione del decreto Sicurezza. Leggi anche: "Elevato di sto c***": Paolo Becchi cannoneggia contro Beppe Grillo Il Senatore De Falco avrebbe violato, secondo il provvedimento disciplinare, due clausole del codice etico: quella che impone al parlamentare di uniformarsi a quanto preventivamente votato a maggioranza dal gruppo parlamentare per decidere su argomenti attinenti la linea dell' esecutivo, e quella - definita un vero e proprio vincolo di mandato dallo stesso Di Maio - che impone di votare la fiducia ai governi in cui il premier sia espressione del M5S. De Falco ha impugnato il provvedimento di espulsione. IL PARADOSSO Orbene, il Tribunale nel rigettare la richiesta di sospensione cautelare, glissando sul rilievo che l' espulsione per violazione vincolo di mandato comporta in automatico l' applicabilità della sanzione pecuniaria di 150mila euro e l' obbligo di dimissione da parlamentare (sul punto non si è espressa, ritenendo che all' attualità la sanzione pecuniaria non è stata escussa ed è pertanto da ritenersi rinunciata), ha, per la prima volta nella giurisprudenza, ritenuto che la violazione di una norma nulla sia produttiva di effetti giuridici, e cioè che essa legittimi lo scioglimento di un contratto associativo. Mi spiego. La nullità della clausola che impone il voto di fiducia è palese: la funzione parlamentare (in cui è ricompreso il voto di fiducia previsto dall' art. 94 Cost) è considerata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione come funzione indisponibile esercitata nell' interesse della Nazione, tant' è che l' attività del parlamentare è equiparata a quella di un pubblico ufficiale. Come l' esercizio delle funzioni di un pubblico ufficiale non può costituire oggetto di un accordo tra privati, tantomeno in forma coercitiva, così le prerogative parlamentari, essendo per definizione indisponibili, non possono costituire oggetto di regolamentazione negoziale tra privati. Per utilizzare un' iperbole, è come se si ritenesse rilevante la violazione di un obbligo in cui una delle due parti private ha assunto l' impegno di cedere a terzi la propria libertà sessuale o un organo del proprio corpo. La clausola privatistica che ha per oggetto l' apposizione di un vincolo a una funzione pubblica indisponibile è giuridicamente nulla perché contraria all' interesse pubblico tutelato dalla norma costituzionale ed essendo nulla la norma la sua violazione non può produrre effetti né avere qualsivoglia rilevanza. GLI EFFETTI In sintesi: come non si può rescindere un contratto per la violazione di una norma nulla, così non si può essere espulsi da un' associazione per la violazione di una norma affetta da nullità. Il Tribunale di Roma giustificando la rescissione di un vincolo giuridico sulla base di una norma nulla sovverte basilari principi di diritto che sono pacificamente ritenuti incontrovertibili dalla giurisprudenza di legittimità. È significativo che il MoVimento 5 Stelle non abbia sbandierato pubblicamente questa "vittoria" giudiziaria, preferendo incassare in silenzio la "portata storica" di un' ordinanza che non solo ritiene valido un accordo privatistico che abbia ad oggetto una funzione pubblica indisponibile (abrogando ipso facto l' art. 67 della Costituzione e il principio di incoercibilità della norma nulla), ma ritiene altresì d' inciampo il requisito democratico della preventiva votazione assembleare del gruppo parlamentare per stabilire la posizione da adottare in merito alla richiesta della fiducia da parte del governo. L' ordinanza riduce così il ruolo del parlamentare, senza neanche la necessità di una riforma costituzionale, a quello di un impiegato del settore privato pigiabottoni, punibile con sanzione pecuniaria laddove violi una norma giuridicamente nulla. Pazzesco! di Paolo Becchi