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D'Alema minaccia Renzi: "Se vinci tu sarà scissinoe"

Massimo D'Alema e Matteo Renzi

Andrea Tempestini
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I renziani l'hanno presa, scaramanticamente, come un augurio: «Se D'Alema dice che in caso di vittoria di Renzi, lui se ne va, vuol dire che alle primarie andranno a votare ancora più persone», dice a Libero Maria Elena Boschi, in un corridoio di Montecitorio. Mentre Ernesto Carbone, altro renziano doc, su un divanetto del Transatlantico allarga le braccia: «Ma ve lo ricordate cosa diceva l'anno scorso D'Alema? È fatto così: se lui ti dà un consiglio e non lo segui, sei una schifezza. Ma tanto non sarà lui a fermare Matteo».  Intanto, però, il cannoneggiamento di D'Alema è cominciato. A suon di velate minacce e fantasmi di scissione. L'occasione è una lunga intervista all'ex premier apparsa sull'Unità.  «Se Renzi dovesse diventare segretario», attacca D'Alema, «si troverà a gestire un partito che in buona parte dovrà convincere. Non potrà pensare di impadronirsi di un partito che in una certa misura lo osteggia». Come dire: sappi che metà ti farà la guerra. Mette poi in guardia dal pensare che Renzi abbia già vinto: «Anzi, si è dimostrata una grande vitalità nell'andare controcorrente. C'è una parte significativa del Pd, e in essa tanti giovani, che sostiene Cuperlo con passione e che non si è piegata a questa campagna mediatica. Per questo», ha aggiunto, «è importante che il risultato non sia plebiscitario. Altrimenti può esserci il rischio che una parte del Pd non si senta più nelle condizioni di viverci dentro». In pratica evoca la scissione, per quanto subito dopo si affretti a negare:  «Nessuna scissione», assicura, ma attenzione: «La gente se ne può andare a casa anche silenziosamente. E se questo accade, se ci sarà un'emorragia di iscritti, sarebbe un problema serio. Poi i gazebo chi li smonta, Flavio Briatore?». Una battuta a cui l'interessato risponde subito su Twitter: «Caro D'Alema io i gazebo li saprei smontare ma non credo che tu saresti capace a montarli», con tanto di hashtag #mailavorato. L'imprenditore poi aggiunge: «Per lui e per i suoi amici D'Alema pensa tanto, per gli italiani meno». Altro passaggio degno di nota dell'intervista è quello su Carlo De Benedetti che giorni fa si era schierato con il sindaco di Firenze: «Il potere economico e i media sono schierati col sindaco. C'è chi vuole liquidare la sinistra», dice D'Alema.  La risposta più sapida all'ex premier la dà Luca Lotti. Il deputato e braccio destro del sindaco dà il bilancio delle votazioni in corso tra gli iscritti, innescando, però, un'altra polemica: «Abbiamo 17.200 voti espressi. Renzi 44%, Cuperlo 39%, Civati 14% e Pittella 3%. Dunque quelli che montano i gazebo per adesso votano Renzi», scrive su Twitter, aggiungendo come hashtag #sorpresa. Segue immediatamente la replica piccata del comitato di Gianni Cuperlo: «Forse Lotti è sorpreso dal fatto che la partita è ancora molto aperta. Dai dati in nostro possesso, infatti, su circa 18.000 voti espressi, Cuperlo è in testa con il 42,1%, seguito da Renzi con il 40%, da Civati con il 13,9% e da Pittella con il 4%. Rimaniamo sempre un po' stupiti dalla scaltrezza degli esponenti renziani e da  un certo grado di slealtà». Chi abbia ragione è difficile dirlo, perché le votazioni sono in corso e i circoli che hanno chiuso i congressi sono ancora molto pochi. Secondo P. R. Research Renzi è al 42,9%, Cuperlo al 37,8%, Civati al 16,5% e Pittella al 2,8%. Per Youtrend, a quota 16.139 voti, Renzi è al 43,10%, Cuperlo al 38,40%, Civati al 15,30% e Pittella al 3,2%. Di sicuro, comunque, è un testa a testa.  Fatto sta che Renzi sceglie di non rispondere direttamente a D'Alema. Ma nella mail che manda periodicamente ai suoi sostenitori, scrive che «i primi risultati sono davvero incoraggianti: alcuni dicevano che avremmo perso tra gli iscritti, i primi dati vanno  in direzione diversa». Resta, però, prudente. «Ride ben chi ride ultimo e dobbiamo aspettare il rush finale, la sfida che ci porterà alle primarie dell'8 dicembre dove, ricordo, potranno votare tutti i cittadini e non solo gli iscritti». Deciso, invece, è nel tornare a sparare contro le larghe intese:  «I due verbi di questa sfida», scrive, «sono cambiare, perché chi ci ha portato fino a qui ha fallito, e vincere, perché senza una vittoria netta continueranno gli accordicchi, le larghe intese, le mezze misure».  Quasi una risposta all'«amico» Letta che il giorno prima, partecipando alla presentazione del libro Giorni bugiardi, storia dell'ultimo anno di Bersani fino a dopo le elezioni, aveva difeso l'ex segretario, il suo tentativo di fare un esecutivo con il M5S e soprattutto la soluzione delle larghe intese. La stessa che Renzi derubrica ad «accordicchi» e «mezze misure». di Elisa Calessi

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