Tiziano Renzi e Laura Bovoli condannati, Pietro Senaldi: quella strana coincidenza temporale
Bomba sul «Bomba». I genitori di Matteo Renzi sono stati condannati dal Tribunale di Firenze a un anno e nove mesi per false fatturazioni. In sostanza, quando il figlio era all' apice del successo e del potere, babbo Tiziano e mamma Laura, attraverso due loro società, si sono fatti dare 160mila euro dal proprietario di un grande spaccio della loro zona per fornire assistenza e consigli in tema di ristorazione. Il sospetto dei pm, confermato dai giudici di primo grado, è che la prestazione professionale non ci sia mai stata, o comunque sia stata risibile, la cifra sia spropositata e che non sia chiaro a che titolo l' imprenditore Dagostino, a sua volta condannato nella vicenda, l' abbia sborsata. Leggi anche: "Perché colpiscono i miei genitori": lo sfogo di Matteo Renzi L' interessato dice per «sudditanza psicologica nei confronti dei genitori del premier», ma i pm propendono per la truffa. L' inchiesta va avanti da anni e non è l' unica nei confronti di Tiziano Renzi. L' uomo ha fatto l' imprenditore per una vita prima che il figlio prendesse in mano l' Italia. Si è barcamenato ma non ha mai fatto il salto, né come impenditore né come inquisito. Poi, quando Matteo è diventato premier, è stato indagato per una serie di reati da rubagalline, dagli stipendi in nero alle bancarotte dopo aver spogliato le aziende. Capita. Quando si accendono i riflettori della politica su qualcuno, inevitabilmente si accendono anche quelli della magistratura, su di lui e sul suo entourage. Nel caso di specie, babbo Tiziano ci ha messo del suo, per esempio aprendo uno studio di consulenze davanti a Palazzo Chigi, opportunamente fatto chiudere dal Giglio Magico, e cavalcando la visibilità che il figlio gli ha dato. Da buon toscano, ama la parola più che la discrezione, anche se Matteo non ha mai dimostrato di gradirne la loquacità. Ieri Renzi senior ha pagato un prezzo caro per il proprio modo di fare l' imprenditore. Non è un verdetto definitivo e non abbiamo compulsato le carte quanto le toghe, quindi ci asteniamo da un giudizio di merito affidandoci alla magistratura, come si dice in questi casi. Da cronisti però rileviamo la semplice coincidenza tra la condanna del babbo e la risurrezione della sua progenie. Non sono neppure due mesi da che il diabolico Matteo ha ritirato fuori il capino ed è tornato a menare le danze, anche se l' ex premier è tornato in piena attività al punto che ci sembra non sia mai andato via, e soprattutto, ahinoi e ahilui, che non sia cambiato di una virgola, e già la magistratura ha ricominciato a ronzargli intorno. Ripetiamo, nulla da ridire sul verdetto, ma non possiamo non notare che sbattere contro un magistrato è il destino di chiunque arrivi al potere in questo Paese. Perfino il sedicente avvocato del popolo, Conte, sta sperimentando come scandali e sospetti accompagnino qualsiasi leader. Proprio in questi giorni, l' uomo che il 20 agosto ha rinfacciato a Salvini di non aver riferito in Parlamento sull' inchiesta su Savoini e i rubli russi mai incassati da nessuno, ora è invitato da Renzi a giustificarsi pubblicamente dall' accusa di aver messo i nostri servizi segreti a disposizione dell' amministrazione Trump per smontare il Russiagate orchestrato dai democratici ai danni del presidente Usa. Conte resiste e cade in contraddizione con le proprie critiche al leader leghista. Renzi gli chiede di rinunciare alla delega sulle barbe finte e gli va addosso, un po' per indebolirlo e molto per nascondere il fatto che a sua volta lui è accusato, di aver usato, quando era premier, i nostri 007 per aiutare Obama a infangare Trump. E il Pd? Ai tempi controllava i servizi segreti, perciò oggi tace perché non gli conviene aprire l' armadio degli scheletri. Un carnevale di sospetti e accuse incrociate che ci fa venire l' orticaria e che Libero non cavalca perché, non potendo sapere, non siamo soliti sposare pregiudizialmente le cause di nessuno. Esattamente come non giudichiamo la vicenda di babbo Renzi, che ci sembra il vero e più pericoloso persecutore del figlio, perfino più del Pd e dei magistrati. di Pietro Senaldi