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Russiagate, Gianluca Savoini fregato dal suo amico: tutta la verità sulla registrazione

Davide Locano
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Altro che Cia, servizi segreti e agenti internazionali sotto copertura. Gianluca Savoini, secondo quanto trapela dalla procura di Milano, sarebbe stato incastrato molto più banalmente da uno dei partecipanti italiani alla trattativa, o presunta tale, sui fondi russi. Detta in altri termini, l' ex portavoce di Salvini e presidente dell' associazione "Lombardia-Russia" sarebbe stato venduto alla stampa dai suoi stessi amici. SEGRETO PROFESSIONALE Per gli inquirenti, dunque, la cerchia di chi ha registrato con lo smartphone la conversazione dello scorso 18 ottobre all' hotel Metropol di Mosca per poi consegnarla ai cronisti dell' Espresso si restringe all' avvocato cosentino Gianluca Meranda, 49 anni, il quale ha ammesso di aver partecipato all' incontro in veste di consulente per conto di una banca d' affari anglo-tedesca - pur avendo subito precisato che l' operazione da un miliardo e mezzo di dollari non si è mai conclusa - e il consulente 62 enne livornese Francesco Vannucci, collaboratore di Meranda, ex vice coordinatore della Margherita, poi nel direttivo locale del Pd fino al 2010, quando si è ritirato ufficialmente dalla politica. Leggi anche: Salvini, la risposta alla mozione di sfiducia del Pd Il file audio è stato acquisito dalla procura a febbraio, poco dopo l' avvio dell' indagine per corruzione internazionale che vede indagati Savoini, Meranda e Vannucci partita dagli articoli dei due cronisti dell' Espresso, i quali finora hanno fatto valere il segreto professionale per non rivelare chi gli abbia dato la registrazione. Il primo dei giornalisti a essersi occupato del caso, a quanto si apprende, non avrebbe consegnato spontaneamente l' audio agli inquirenti, i quali avrebbero dovuto emanare una "richiesta di consegna" formale. La procura ha quindi valutato la veridicità del file. Gli investigatori lo ritengono autentico: «Con i tecnici è stata verificata la genuinità e l' assenza di manomissione» hanno fatto sapere ieri. Nelle scorse ore, su richiesta degli avvocati dei tre indagati, i pm hanno depositato gli atti dell' inchiesta (compresa la trascrizione del colloquio durato un' ora e un quarto al Metropol) al Tribunale del Riesame. I legali in questo modo sperano di riottenere gli smartphone e gli altri supporti informatici sequestrati ai loro assistiti: l' udienza è stata fissata il 5 settembre. Secondo i pm è possibile che l' incontro nella capitale russa non fosse il primo: stando alla ricostruzione della conversazione sembra che Meranda sul finale faccia notare che gli accordi presi sono lontani da quelli delineati in precedenza, ed è anche per questo che a Milano stanno lavorando per presentare a Mosca una rogatoria finalizzata a indagare su eventuali episodi del passato. IL RUSSO MISTERIOSO Gli investigatori nel frattempo sono vicini all' identificazione dei tre interlocutori russi: uno di questi, detto Jlia. potrebbe essere un funzionario pubblico, tale Jakunin, manager vicino a Vladimir Pligin, esponente di rilievo del partito di Putin "Russia Unita", ma non è stato ancora escluso del tutto che si tratti di un millantatore. Intanto prosegue lo scontro politico. Alla Camera, sul "Russiagate", è stata di nuovo bagarre tra Pd e Lega. Il vicepremier Matteo Salvini, attaccato a distanza anche dal grillino Di Battista, rispondendo ai cronisti a Milano Marittima ha ironizzato sui fondi (anche questi presunti) che Savoini secondo certe ricostruzioni di stampa avrebbe ricevuto pure dal Marocco: «Non ho ancora finito i nascondere i rubli, poi mi occupo di altre cose. Andate in Marocco, in Tunisia o negli Usa, buona caccia: io non ho una risposta sulle non notizie. Sono mesi che leggo con enorme divertimento le notizie che state pubblicando: Repubblica è un giornale che ormai mi diverte un sacco». di Alessandro Gonzato

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