Roberto Maroni a Libero: "Perché Matteo Salvini non farà cadere ora il governo. Ma c'è già la data del voto"
Presidente Maroni non giriamoci intorno, secondo lei il governo sta per cadere sull' autonomia? «Beh, stiamo parlando di un tema molto importante sia per i presidenti di Regione che per un governo a trazione leghista... Ragionando nell' ottica della politica che ho conosciuto io, direi che non c' è scampo alla crisi in caso di mancato accordo». E invece? «E invece questo governo ci ha abituato a polemiche infinite ed ultimatum che poi si risolvono con un nulla di fatto». Quindi, il suo fiuto politico cosa le suggerisce? «Sono pronto a scommettere un euro: l' esecutivo resterà in vita. Insomma a settembre non ci sarà nessun voto anticipato». Perché? «Primo motivo: la vicenda dell' autonomia, purtroppo, si trascina da tempo. A metà giugno, subito dopo il trionfo della Lega alle Europee, è fallito un vertice decisivo al quale aveva partecipato anche Salvini. Ecco, se il governo non è caduto in quella circostanza è difficile che cada adesso». Basta un precedente «No. La verità è che la strategia di Salvini è quella del partito egemone. Lui vuole andare ad elezioni e ovviamente vincere da solo. Se rompesse adesso resusciterebbe un centrodestra (alleanza con Forza Italia e Fratelli d' Italia) che nei fatti non c' è più. Salvini userà la mossa del cavallo, quindi farà cadere il governo quando nessuno se l' aspetta. E questo non è il momento giusto. Poi non dimenticherei un altro fattore...». Leggi anche: Voci su "una discussione molto accesa con Salvini". Retroscena: la rabbia di Giorgetti, verso l'addio? Quale? «La storia di questo governo ci dice che più l' alleanza con i Cinque Stelle va avanti più la Lega guadagna consensi, quindi...». Quale sarà secondo lei il momento giusto per rovesciare il tavolo? «Si andrà al voto nella primavera del prossimo anno. Prevedo una tornata elettorale unica il 7 giugno del 2020 con le amministrative che rinnoveranno anche i consigli regionali di Veneto, Liguria e Toscana. Tra circa un anno molto probabilmente si saranno realizzate le giuste condizioni». Se è così convinto come mai scommette solo un euro? «Perché il governo del cambiamento ci ha abituato a cambiamenti continui. E non mi sorprenderei di restare sorpreso». Ma lei cosa si augura? «Io spero che l' esecutivo resista. Che nell' incontro di giovedì si raggiunga un accordo sull' autonomia e che si faccia la flat tax che è fondamentale per i ceti produttivi del Nord». Quindi torniamo al punto di partenza. Se giovedì ci sarà l' ennesima fumata nera? «Beh, io ho una soluzione. Io porteri in Parlamento l' accordo del 28 febbraio 2018 firmato dall' esecutivo Gentiloni con i governatori di Lombardia (ai tempi lo stesso Maroni ndr), Veneto (Zaia) ed Emilia Romagna (Bonaccini)». In cosa differiva rispetto a quello di cui parliamo adesso? «Non c' era la devoluzione di tutte le 23 materie, ma c' era l' istruzione, e soprattutto veniva trovato un accordo sulla questione fiscale». Arrivano più soldi al Nord? «C' era una più equa redistribuzione degli introiti fiscali e quindi venivano garantite più risorse al Settentrione. Per esempio, era prevista l' introduzione dei costi standard per la sanità (media tra chi spende meglio e peggio) che alla Lombardia avrebbe assicurtato circa 10 miliardi di euro in più all' anno. Ma soprattutto quell' intesa avrebbe un grande vantaggio rispetto alla riforma di cui si sta discutendo oggi». Cioè? «Avrebbe i numeri in Parlamento. Avevamo firmato quell' accordo con il governo guidato da Paolo Gentiloni e quindi sarebbe assurdo se il Partito Democratico decidesse di votare contro». E allora perché Salvini non spinge per questa strada? «Sinceramente non lo so. Magari perché non sono state inserire tutte le 23 materie di cui si parla oggi. Comunque non è la prima volta che lo suggerisco a Matteo». di Tobia De Stefano