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Barbara Berlusconi rottamatrice: parte da Milan e Galliani per prendersi il Pdl

Barbara Berlusconi

Giulio Bucchi
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«Al Milan mi ha scatenato un inferno, ma è brava e tosta». Tutti si aspettavano una correzione, e invece con questa frase Silvio Berlusconi ha avallato l'attacco portato dalla  figlia Barbara alla dirigenza rossonera, e in particolare all'amministratore delegato e vicepresidente vicario, Adriano Galliani. Una copertura che ha il sapore di una promozione sul campo, che Barbara ha ottenuto argomentando con i fatti e convincendo papà su tutta la linea. Ma la sensazione è che il campo di gioco non sia solo San Siro e che la promozione sia a 360 gradi.  Certo, si parte dal Milan, che d'altronde mediaticamente è stato anche il punto di partenza di Silvio e che ufficialmente ora è l'unico interesse di Barbara, ma le parole d'ordine «il Milan ai milanisti», «rinascita rossonera» e «largo ai giovani» sono concetti estendibili a tutte le realtà dell'universo berlusconiano, basta cambiare un paio di sostantivi. Il Milan può essere una palestra, una strada per mostrare il piglio giusto e conquistare sempre più fiducia, perché è la grande passione comune che unisce papà e figlia, che dei mali della squadra al genitore ha fatto un'analisi spietata. Spreco di denaro (sono stati spesi gli stessi soldi di Napoli e Roma per finire a tre punti dalla zona retrocessione), uomini sbagliati in campo, panchina e tribuna, nessun ricambio generazionale, posizioni di rendita senza controllo (al punto che non esiste un direttore sportivo), spazio ad affaristi e procuratori anziché a chi ci crede e ci mette il cuore, aria da fine impero sono le accuse. C'è un elenco di nomi e cose sbagliate, e non si limita a Pirlo regalato alla Juve (affare mai andato giù a Silvio), ai 12 milioni per Matri e gli 8 per Constant o alla conferma di Allegri a dispetto dei santi.  La risolutezza di Barbara nell'affrontare la crisi del Milan e le strade alternative proposte hanno colto nel segno e schiuso un orizzonte a Silvio, ancora mesto per il rifiuto di Marina di impegnarsi in politica. «Forse non ha l'età, troppo giovane, chissà, però» ha sibilato il Cavaliere tirando fuori d'improvviso la sua terzogenita nel bel mezzo di una riunione politica ad Arcore, e quando i presenti hanno sgranato gli occhi avrebbe aggiunto, come il «Corriere della Sera» riporta, «sono un imprenditore, riparto sempre dal capitale che ho, poi faccio gli innesti». Discorso prematuro certo, ma qualcosa è cambiato negli ultimi mesi in come Silvio vede e pensa a Barbara, che ha lavorato per sviluppare uno stile e una comunicazione originali, berlusconiani ma personali. Non è né falco né colomba, si è tenuta deliberatamente fuori dalle beghe di partito, scavando una distanza che le permette ora di avere mani libere e nessun padrino. Pure lei come Marina ha più volte detto di non volersi impegnare in politica, e certo se si votasse nel 2014 o nel 2015 l'ipotesi non sarebbe neppure proponibile. Ma come dimostrano il reiterato tentativo fatto con Marina e la difficoltà di prendere coscienza del rifiuto irremovibile della figlia, il Cavaliere non ha rinunciato al sogno di trovarsi in casa un erede della sua storia politica e Barbara, i cui rapporti con la sorella non sono mai stati così buoni come in questo momento, sembra avere più di una caratteristica giusta. Ha dimostrato di saper scendere in campo in difesa del padre ma con toni dialettici, senza recitare filastrocche mandate a memoria e ripetere le frasi degli avvocati di Silvio o dei falchi. Non ha vicende pregresse o incarichi che possano comprometterla, sottoporla a offensive giudiziarie o all'eterna contestazione del conflitto d'interessi. Dal tormentone Pato (il primo grande scontro con Galliani risale ai tempi della cessione stoppata all'ultimo momento del giocatore ai tempi fidanzato della first lady rossonera) sembra aver capito la lezione che conviene tenere separati lavoro e vita privata e cercare di finire in prima pagina più per il primo che per la seconda.  È una risposta forte alla questione generazionale e sembra in grado di creare una squadra sua. Di fatto come carattere, è tra i figli la più simile al padre, quella che ha più il physique du role, la sfrontatezza e i nervi. Ma anche la più ambiziosa, tanto da riuscire contenere la naturale esuberanza di eredità paterna.  Ha la sensibilità per parlare alla sinistra e cavalcarne i temi. Non ha paura di giocare all'attacco, si tratti di Galliani, di Renzi «che ha perso lo spirito con cui era partito», di «chi nel Pdl se ne approfitta e pensa solo alle poltrone» o perfino di papà, come ai tempi della vicenda Ruby. E poi ha il nome. Quando, come appare ormai inevitabile, Berlusconi comincerà a scontare la sua pena, Barbara potrà frequentare Arcore o Palazzo Grazioli con una facilità che i vari  Alfano, Santanchè, Fitto, Brunetta ma anche la senatrice Maria Rosaria Rossi, da anni l'ombra del Cavaliere, si dovranno scordare. La priorità del Cavaliere in questo momento è tenere unito il Pdl, preservarlo dalle spinte sciossioniste delle colombe come dagli strappi dei falchi. Marina era funzionale anche a questo e questa è una casella vuota che Berlusconi deve assolutamente riempire. Col Milan Barbara si prepara all'esordio in serie A; per quello in Nazionale bisogna aspettare, ma qualche premessa c'è. di Pietro Senaldi

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