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Nicola Zingaretti, le traveggole del capo Pd: votatemi o torna Auschwitz

Davide Locano
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Breve storia di un leader (e di un partito) in chiara difficoltà. Ieri Nicola Zingaretti, capo del Pd, è salito a Milano per chiudere la campagna elettorale e si è trovato a parlare di fronte a una manciata di persone. Due, massimo tremila, radunate davanti all' Arco della Pace, giunte lì per sentirlo parlare. E lui, Zingaretti, l' uomo che fin qui era stato il predicatore dell'«abbassare i toni», forse dopo aver compulsato gli ultimi sondaggi, ha deciso di mollare gli ormeggi e spararle grosse. Anzi, grossissime. Si spiegano solo così le affermazioni del segretario dem di ieri. Parlando del voto di domenica, ad esempio, Zingaretti è riuscito a dire che si dovrà scegliere «l' Europa della democrazia, non quella di Auschwitz che ripropone il disprezzo della vita, perché tutto nasce da lì, dall' idea che un uomo può decidere sulla vita e la morte di un altro essere umano». Evidentemente la chiamata alle armi nel nome dell' antifascismo sta diventando stantia, non basta più. Leggi anche: Renzi, pugnalata a Zingaretti: verso il nuovo partito Meglio titillare gli elettori chiamando in causa il nazismo. Non contento Zingaretti ha rispolverato pure il presidente russo: «Personaggi inquietanti come Putin vogliono far saltare l' Europa e non so perché chi governa l' Italia ha gli stessi obiettivi di queste persone». E ancora: «In Italia esiste un reato e si chiama apologia di fascismo e non di antifascismo. Se lo ricordi chi mette in discussione la libertà di docenti della scuola italiana. Occorre battersi con passione, coraggio, convinzione perché oggi quello che è in gioco sono due idee di futuro - ha concluso -. Se noi permettiamo ancora che una prof di Palermo, solo perché invita gli studenti ad essere critici, viene sospesa, cosa sarà l' Italia se noi accettiamo questa deriva?». Anche per questo Zingaretti ha chiamato tutti a raccolta (a Milano non gli è riuscito benissimo...): «Chi ama l' Italia ha un' opportunità, questa volta. Non si può non andare a votare» e alla sinistra dice: «basta con le divisioni, il Pd sia unito per combattere perché gli avversari sono dall' altra parte. La lista unitaria è il primo tassello dell' alternativa a questo tragico presente che noi vogliamo ritorni indietro». L' alternativa per Zingaretti, dunque, è il ritorno all' Ulivo di prodiana memoria: tutti assieme appassionatamente pronti a litigare e a far cadere il governo alla prima disputa filosofica. Una ricetta che il Paese ha già provato e dalla quale è fuggito a gambe levate. Nel comizio di Zingaretti c' è spazio anche per un po' di involontaria comicità quando il leader Pd spiega: «Gli italiani e le italiane hanno capito che l' Europa così non va e che bisogna rimettere al centro il lavoro, la crescita, la sostenibilità ambientale: siamo qua per questo». Verrebbe da chiedergli dov' erano i dem fino a ieri, visto che l' Ue è stata governata (anche) dai Socialisti, gruppo del quale il Pd fa parte assieme alle altre sinistre europee. Mistero. Presente al comizio anche il sindaco di Milano Beppe Sala, che si è subito adeguato al linguaggio del suo nuovo capo: «Non mi fido dei bulletti sovranisti dell' ultradestra che basano la loro intesa sugli interessi e non sui valori. Non mi fido di quelli che sono andati all' estero, all' oktoberfest o a vedere la partita di calcio. Non mi fido di quelli che di fronte ai ostacoli rispondono con un "me ne frego" e hanno giurato sulla Costituzione qualche mese prima perché la costituzione è stata fatta apposta per combattere quelli del "me ne frego"». di Fabio Rubini

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