La gola profonda della Lega a Libero: "Siri si dimetterà ma Luigi Di Maio e il M5s la pagheranno cara"
«Siri si dimetterà. Perché non possiamo, a poche settimane dalle Europee, rimanere impiccati a questa vicenda. Dopo di che, la pagheranno cara». E il "come" è già scritto: «Dopo le Europee o si fa un sostanzioso rimpasto o si va al voto. Noi siamo pronti». A dirlo a Libero è un esponente del governo molto vicino a Matteo Salvini. E non è il pensiero di un singolo. Ma di tutta la delegazione leghista al governo, a cominciare dal "Capitano". Il quale, ormai, si è convinto che «così non si può andare avanti». Ma, da abile politico, ragiona sul come e quando rompere. Così, anche ieri, si è sottratto alle polemiche. Impegnato in un tour in Emilia Romagna - prossimo fronte dell' avanzata leghista, visto che il 26 maggio si voterà in diversi capoluoghi della regione e la Lega potrebbe conquistare diverse roccaforti rosse - trattiene l' irritazione, misura le parole nei confronti di alleati e premier. Giura che il governo, se è per lui, va avanti. «Lo porto avanti costi quello che costi perché la mia parola vale più di tutti i sondaggi, gli insulti, le minacce. Mi tappo le orecchie, faccio yoga, tiro dritto perché gli italiani non hanno voglia di perdere tempo ma hanno voglia di lavoro». Se ha sentito Di Maio? «Ormai non c' è più da parlare, c' è da fare», risponde a Reggio Emilia, immerso nel bagno di folla di un mercato. Altro che Siri: «La Flat tax è il tema da portare in consiglio dei ministri». E con con Conte? Ha parlato? «No. In questo momento penso ad Antonio Conte e non a Giuseppe. Vorrei sentirlo come allenatore del Milan». Leggi anche: Effetto Di Maio, Salvini occhio... Cifre mai viste. Pagnoncelli, il sondaggio da incubo per la Lega LA STRATEGIA - Non cedere alle "beghe", parlare di cose concrete, tasse, sicurezza. Il che non significa che Salvini non sia irritato, per usare un eufemismo, per come sono andate le cose. O che consideri la vicenda acqua passata. È infuriato per il metodo e il merito. «È la seconda volta», dice ancora la nostra fonte, «che gli fanno una imboscata». Vale a dire che approfittano di un suo viaggio per accelerare su una decisione. La prima volta è stato durante il viaggio in Israele, quando Palazzo Chigi decise di cambiare l' ambasciatore in Libia. Scelta delicata, che si incrociava con le politiche migratori. Ora la seconda: Salvini va in Ungheria e Conte strappa su Siri. Poi c' è il merito della cosa. «Il punto non è Siri, ma il principio. In un Paese civile è inaccettabile che una persona sia cacciata per un avviso di garanzia, ancora prima che sia sentito dai magistrati. Ma siamo matti?». Tutti ragionamenti che, però, Salvini si guarda bene dall' esternare, anche se tra i suoi la pazienza è ampiamente finita: «Con questi non si può far niente. Dalla politica estera a quella economica. Siamo bloccati su tutto». Ragionamenti che si sentono fare da mesi. La novità è che finora Salvini frenava. «State buoni, calma», diceva ai suoi. Ora non più. Quindi le scelte sono due: o, obbedendo al responso delle urne, i Cinque Stelle abbassano la testa, cominciando a rinunciare ad alcuni ministeri chiave, oppure tanti saluti. «Noi», si dice nella Lega, «abbiamo una leadership forte, i sondaggi ci danno in continua crescita, una maggioranza riusciamo a farla». Loro, i Cinque stelle, «ben che vada prenderanno tra il 25% che vuol dire 80 0 90 parlamentari. Se accettano il rimpasto, almeno vanno avanti alcuni mesi. Se no, si suicidano. Ma a noi, comunque, va bene lo stesso». A FERRARA - A Ferrara, penultima tappa del tour emiliano, a un certo punto Salvini dice: «Non rispondo a provocazioni, perché gli italiani mi pagano per lavorare quindi se è per me questo governo va avanti fino alla fine. Certo», aggiunge, «bisogna dire dei sì, perché a furia di no, no tav, no tap, no alle trivelle, non si va avanti...». E senza mai nominare Armando Siri, parlando del proposito di eliminare gli studi di settore, dice: «In Italia sei sempre un presunto colpevole...mentre io voglio uno Stato in sui sei un presunto innocente». Allusioni. Niente di più. Per il resto, il copione è tutto sulla sicurezza, accolto ogni volta con delle ovazioni: «Spacciatori e delinquenti devono andare a casa! Chi non rispetta le regole, a casa!». E rivolto ad Alan Fabbri, candidato sindaco nella città estense: «E poi Alan, quando diventerai sindaco, va a sgomberare tutto! Meno canne è più uovo sbattuto che fa meglio». Intanto l' altro vicepremier, il collega grillino Luigi Di Maio incassa questa vittoria, sperando si possa tradurre in una crescita del consenso. Anche se, saggiamente, non calca troppo la mano. «Se non si dimette lui, si andrà in Consiglio dei Ministri e si voterà. Conti alla mano il Movimento Cinque Stelle ha la maggioranza assoluta», diceva intervistato da Maria Latella su SkyTg24. Ma smentiva che l' esecutivo potesse franare su questo: «La Lega e Salvini sono persone intelligenti, far cadere il governo per un' inchiesta per corruzione su un sottosegretario mi sembra azzardato», spiegava ancora a Latella. Ed è su questa certezza - per niente condivisa dalla Lega - che Salvini, dopo le elezioni Europee, andrà alla resa dei conti. di Elisa Calessi