Giuseppe Conte, il premier grillino mette le mani nelle nostre tasche: tasse, voce inquietante
Ci auguriamo che la crescita possa essere più alta dello 0,2%, che è frutto della congiuntura e anche dell' interlocuzione con Bruxelles. Per quanto riguarda la possibilità di continuare con il nostro programma di riforme senza aumentare l' Iva è rimessa alla spending review, che stiamo portando avanti. Siamo molto determinati a evitare l' aumento dell' Iva e non prevediamo patrimoniali», ha scandito ieri il presidente del Consiglio, «mentre sulle privatizzazioni è un programma che sta andando avanti e alcune misure del decreto crescita sono volte a favorirle». All' indomani della diffusione dei dati del Documento di economia e Finanza (Def), Conte torna sui numeri che dovrebbero caratterizzare la politica economica del governo dei prossimi anni, e spiega che il suo «sarà un anno bellissimo era solo una battuta», e cerca di raffreddare le critiche. Leggi anche: "Conte chi?": al Salone del Mobile finisce così Il problema però restano le coperture. La coperta è corta, cortissima, tanto più che - neppure presa in considerazione una nuova patrimoniale sul mattone come suggerita dal Fondo monetario internazionale - bisognerà reperire i 23 miliardi per scongiurare l' aumento dell' Iva (clausole di salvaguardia). Va bene la spending review ma non bastano sforbiciate generiche. E allora bisogna riaprire l' altro capitolo, altrettanto delicato, dove agire vale a dire le detrazioni, deduzioni e agevolazioni fiscali che riducono il prelievo per alcuni contribuenti (tax expenditures). In teoria la giungla da potere è bella estesa. Sono state censite la belezza di 610 misure per una cubatura complessiva di 76,5 miliardi, secondo un recente studio dell' Ufficio Valutazione impatto del Senato. Di cui 120 voci - secondo l' ultimo rapporto del Mef allegato alla nota di Aggiornamento di settembre - valgono meno di 10 milioni. Perché poco utilizzate o riservate e modeste platee. La cornice dove in autunno (20 settembre), il governo dovrà disegnare la manovra di Bilancio 2020 è più un elenco delle buone intenzioni che un progetto strutturato. Tanto più che solo per offrire un assaggio di flat tax l' esecutivo dovrebbe trovare almeno 12-15 miliardi (e solo per i redditi familiari sotto i 50mila euro. Con la crescita in dosi omeopatiche (0,1-0,2%), difficile che qualche soldo in più possa arrivare dal Pil in ripresa. E poi c' è il debito pubblico che lievita (132,6% quest' anno), e poter contare sul gettito stimato dalle privatizzazioni e dismissioni (16 miliardi)è utopistico visto che il piano non è neppure partito. Una delle ipotesi è di far confluire nel fondo per l' ammortamento del debito anche i maggiori proventi delle concessioni. Dalle vendite immobiliari di Stato sono affluiti 600 milioni, e nel triennio 2020/2022 dovrebbero arrivare circa 1 miliardo l' anno. Dei 47mila edifici trasferiti al Demanio per quasi 61 miliardi però, solo 1,8 miliardi (il 3%) sono immediatamente disponibili, il resto è patrimonio utilizzato dalle pubbliche amministrazioni o storico artistico. Con la partita di giro di spostare e farsi pagare da Invimit (controllata del Tesoro) gli oltre 47mila immobili demaniali si potrebbero raggranellare risorse. Un modo per valorizzare - in termini di bilancio se non di cassa - il patrimonio. Ma arrivare a sfiorare il target di 17-18 miliardi senza intaccare quello che rimane dei "gioielli di Stato" (partecipazioni strategiche in Eni, Enel, Poste), sarà dura. E poi mettere le mani sulle detrazioni e deduzioni attuali, promettendo futuri tagli fiscali, è un' arma a doppio taglio assai delicata da maneggiare. (AN.CA.)