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Nicola Zingaretti e le "zingarelle". La mappa delle nuove "donne potenti" Pd: domina Paola De Micheli, poi...

Giulio Bucchi
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Dopo una lunga sosta tempestosa, il Pd di Nicola Zingaretti si rimette in marcia come una roulotte di famiglia vecchiotta e scalcagnata. Fedele alla ditta errabonda e in cerca di un nuovo accampamento, ecco spuntare dai finestrini del veicolo i volti più o meno noti di una classe dirigente rivestita a festa che farà da collana al nuovo segretario. A cominciare dalle donne, naturalmente, che nel Partito democratico non corrono mai per il podio più alto (professano la lotta di genere ma dentro casa stanno un passo indietro) epperò vengono subito scaraventate sui media come le amazzoni luccicanti del leader di turno. Sicché anche l' ultimo capo ha le sue ragazze brave e belle da far marciare a beneficio di taccuini e telecamere: sono le Zingarelle, variante zingarettiana delle Erinni renziane un tempo guidate da Maria Elena Boschi. Ma se vai a guardarle da vicino, ti accorgi che le faccine sono ancora quelle, le stesse di prima, e allora il sottinteso nomadico del loro nome appare più che mai azzeccato. La prima è Paola De Micheli, alla quale un po' tutti pronostichiamo un radioso futuro da vicesegretaria dacché l' abbiamo vista coordinare la mozione congressuale del fratello di Montalbano. La corsa di Paola - Zingarella in chief, adesso, ma politica di lunga data malgrado l' età giovanile, la piacentina De Micheli nasce scienziata della politica di area ulivista (laurea alla Cattolica di Milano) ma il suo ingresso ai piani alti del Pd lo fa con la segreteria di Pier Luigi Bersani, quando affianca Stefano Fassina nel dipartimento Economia. Breve e naturale è il passo successivo che la conduce accanto a Enrico Letta, cattolico democratico come lei, dopo un fugace intermezzo con Gianni Cuperlo nella sfida contro Renzi al congresso del 2013. E una volta caduto Letta, oplà: la ritroviamo sottosegretario al ministero dell' Economia nel governo del bullo di Rignano che vede in lei una figura a metà tra una belva televisiva e la seducente imprenditrice di carattere prestata a un partito litigioso. Spazzato via il principato di Renzi, per una come lei era scontata l' ennesima chance. È stata brava a indovinare in Zingaretti il pilota più adatto per il convoglio post renziano. La sua strada è in discesa libera. Come la De Micheli, ma più rarefatta, risboccia la giovane ex ministra della Pubblica istruzione Marianna Madia, anch' ella firmataria della mozione Zingaretti. Figlia della buona borghesia progressista romana, scoperta da Walter Veltroni e ingaggiata dal solito Letta che in lei vide una margheritina tenue ma inestirpabile, ha reso onore a tanta fiducia maturando un decennio di esperienza parlamentare culminata nel governo Renzi. A uno sguardo di superficie, avulsa come sembra dal Palazzo, la diresti appena scappata dal castello avìto, le ballerine ai piedi mentre monta in carrozza salendo sulla schiena dell' amico Giulio Napolitano (figlio dell' emerito Giorgio). Eppure è tenacissima, sa quel che vuole e se lo prende in silenzio al modo di una zingarella-mantide flautata. A proposito di donne corazzate, rivedremo presto in spolvero Roberta Pinotti, meno in vista della De Micheli ma se possibile più umbratile della Madia. Zingarettiana dell' ultim' ora, l' ex ministra della Difesa (indovinate? Risposta esatta: governo Renzi, dopo una parentesi da sottosegretaria con Letta) è una cattocomunista coi fiocchi, figlia dell' apparato genovese che l' ha promossa ai vertici locali in tenera età. Ulivista veltroniana, aderisce al rito franceschiniano nel Pd e poi fa la spola tra Letta e Renzi, del quale condivide l' origine scout. Una coccinella in armi, insomma, con ali sempre all' opera per zigzagare o anzi zingarare tra un domicilio e il successivo. Il ritorno di Ladylike - Infine torna lei: Ladylike, Alessandra Moretti, per gli amici «@ale_more», in odore di riscatto dal declassamento nel girone del Consiglio regionale veneto, dopo un passaggio a Montecitorio con Bersani e un giro di walzer a Strasburgo in quota Renzi. Che poi Alessandra c' è e non c' è. Nel senso che non detiene alcun lasciapassare ufficiale zingarettiano: lei al congresso voleva stare con Marco Minniti e dunque è diventata zingarella per procura, dopo che l' ex ministro dell' Interno si è ritirato dalla competizione e ha scelto di tifare Zingaretti. Giacché si è trovata al posto giusto nel momento giusto, adesso fa di tutto per starci nel migliore dei modi. A giudicare dall' impennata delle sue appassionate e occhiazzurrate incursioni televisive, l' adesione al verbo zingarettiano non deve esserle costata alcuna fatica. Zingarella minuta e puntuta, non resterà disoccupata. De Micheli, Madia, Pinotti, Moretti e chissà quante altre se ne aggiungeranno sopra il podio della nuova giostra, una volta storicizzato il naufragio del renzismo. Adorabili per natura e presenzialiste per necessità, le nostre Zingarelle raccolgono il timone in frantumi delle Boschi e delle Morani, delle Ascani e delle Rotta. E magari un giorno accoglieranno pure loro. Se sono arrivate sin qui, il talento non manca. Al punto che - ne siamo pressoché certi - sopravvivranno perfino al giostraro Zingaretti. di Alessandro Giuli

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