Tav, il vero motivo per cui il governo si è salvato: l'ultima mossa disperata di Di Maio, come si è ridotto
Nessuno ci sta capendo più nulla sulla Tav. Però una cosa è certa: il governo non cadrà. Almeno dal treno. Conte ha escogitato un' operazione mediatica, che il governatore piemontese Chiamparino ha definito «da Repubblica delle banane», tale da salvare la faccia e le chiappe a Di Maio. E quindi a tutti i ministri, sottosegretari e parlamentari che ormai farebbero fatica a tornare a lavorare o, peggio, a ritrovarsi mantenuti. Leggi anche: Salvini, la crisi con Di Maio: "Vi devo deludere: mi ha anche fatto gli auguri" In pratica il premier ha inviato una lettera alla società che deve occuparsi di varare i bandi per iniziare i lavori sull' alta velocità, dicendo che non si deve partire finché non lo dirà lui. I vertici dell' azienda, partecipata a metà dai francesi hanno però risposto che non è possibile fermare la macchina adesso, dato che si rischia di perdere 300 milioni di fondi europei. Domani il consiglio d' amministrazione della Telt, la società della Tav appunto, si riunirà. E dato che la componente francese è favorevole all' avvio delle procedure, probabile che la linea Conte sarà disattesa. Meglio. Così i grillini potranno incolpare Macron, la Ue, i poteri forti e le scie chimiche se gli appalti prenderanno forma. Nel frattempo la maggioranza non si spaccherà. Tutto sarà rinviato di sei mesi, ovvero il tempo necessario per aderire a questi benedetti bandi. Che poi comunque sono revocabili. Vabbè, non ci si capisce più nulla. Proprio arrivare all' incomprensione totale era l' obiettivo del premier e dei suoi amici cinquestelle. Entrambi avevano paura non tanto di fare la Tav, quanto di spaccare il Movimento, che già in salute non è, e di conseguenza di mandare all' aria l' avventura al governo. Perché bisogna dirlo: di avventura si tratta per Di Maio e soci. Non riescono a prendere una decisione e quando sono convinti su un punto, generalmente è sbagliato. Però vuoi mettere la bella vita che si fa da ministro, da sottosegretario o da parlamentare... Pochi giorni fa abbiamo letto dei rimborsi spesa chilometrici, ad esempio, di Paola Taverna o Barbara Lezzi per telefono e benzina: decine di migliaia di euro. Se fosse scoppiata la crisi tanti colleghi delle due esponenti grilline avrebbero dovuto rinunciare agli agi che lo scranno alla Camera o al Senato garantiscono. Non solo i pesci piccoli erano comunque terrorizzati da un eventuale "rompete le righe". Fico, la terza carica dello Stato, che ieri ha spiegato di essere prima un No-Tav che pentastellato, tremava all' idea. Ai giornalisti che gli chiedevano un parere sull' ipotesi elezioni anticipate, il presidente di Montecitorio ha subito precisato che «la legislatura è saldamente in piedi. Se avverrà qualcosa la parola passa al capo dello Stato». Come dire: prima di licenziare i 945 parlamentari ce ne vuole... Pure Davide Casaleggio ha messo le mani avanti: «Crisi? Non penso ci sarà». Ovvio, se M5S dovesse perdere lo scettro del potere innanzitutto si ridurrebbero le comparsate del sedicente guru cinquestelle e di conseguenza gli affari per la sua società. E poi non dimentichiamo quanto siano preziosi gli eletti per la Casaleggio Associati: ognuno di loro versa un obolo mensile alla ditta. A fine anno sono milioni. Utili a tenere in piedi la famosa piattaforma Rousseau. Ci sono altri quattro anni di legislatura davanti. Belli, comodi, senza pensieri. Perché rovinare il banchetto proprio ora che si inizia a prendere le misure con i privilegi... Anche perché fuori dal Palazzo non tira una bella aria per M5S. Fra tre mesi ci sono le Europee. I sondaggi saranno anche ballerini, tuttavia è impossibile che Di Maio possa conquistare un altro 33%, come il 4 marzo 2018. Quindi avanti come nei peggiori momenti della prima repubblica. Vertici continui su tutto. Vivacchiare. Promesse. Interviste. Post su Facebook. L' importante è rimanere lì, attaccati alla poltrona. Il «cambiamento» può attendere. di Giuliano Zulin