Pdl, Berlusconi contro la legge di stabilità, tensione con Alfano
Decadenza e tasse dividono il partito. I lealisti contro i governisti: "Hanno il 20% nel partito, in Forza Italia niente ruoli di primo piano"
"La legge di stabilità conferma che il Pd è il partito delle tasse e delle manette. Non possiamo confonderci con loro". Il giudizio affidato al prossimo libro di Bruno Vespa conferma come Silvio Berlusconi sia ormai al punto di rottura: impossibile andare avanti ancora a lungo con queste larghe intese che, per dirla in termini spicci, vedono il Pdl in posizione subordinata in alcuni passaggi chiave. Sulla decadenza, innanzitutto: il Pd ha preferito andare per la sua strada, a braccetto con il Movimento 5 Stelle, rifiutando il ricorso alla Consulta sulla legge Severino. Uno schiaffo bello e buono all'alleato di governo, che si vedrà decapitato del suo leader in Parlamento tra qualche settimana senza nemmeno il beneficio del dubbio. Secondo punto, altrettanto fondamentale e forse ancora più importante dal punto di vista dell'impatto elettorale: le tasse. La legge di stabilità porterà, parola della Cgia di Mestre, 1,2 miliardi di euro di imposte in più nel 2014. Come spiegarlo agli elettori del Pdl, quando il vicepremier Angelino Alfano continua a ripetere di essere "la sentinella delle tasse"?. La conta di lealisti e governisti - Proprio su Alfano e i ministri azzurri si sta scatenando la lotta interna al partito. A falchi e lealisti non va giù la linea morbida tenuta su decadenza e legge di stabilità. Viceversa, le colombe del Pdl contestano i toni violenti contenuti nel documento dell'Ufficio di presidenza che Berlusconi vorrebbe essere votato all'unanimità dal Consiglio nazionale, probabilmente anticipato al weekend del 16/17 novembre (come chiesto dal lealista Raffaele Fitto). Proprio su quel documento si misureranno le forze dei due schieramenti interni. I falchi sostengono di avere dalla loro l'80% delle firme, 600 su 800. Su queste basi, le condizioni poste agli alfaniani per la futura Forza Italia sarebbero durissime: "Non ci stiamo a concedere ai governativi un ruolo di primo piano nel partito. Valgono il 20%? E quello si prendono senza pretendere di più. Oppure se ne vadano, se ne hanno il coraggio". Berlusconi per ora continua a temporeggiare, su questo punto. Vuole avere con sé Alfano, "nonostante quello che ci ha fatto". E con un orecchio ascolta anche le critiche di Fabrizio Cicchitto al documento dei lealisti. Non si può rompere con Letta solo per la questione-decadenza. Ma finchè non si scioglierà il nodo della legge di stabilità, con il suo carico di tasse, i dubbi resteranno, pesantissimi.