Matteo Renzi, Martina vuole sfiduciare l'ex segretario del Pd: come si rende ridicolo
Il ruggito di Maurizio Martina spiazza la base democratica: «È arrivato il momento di presentare una mozione di sfiducia al ministro Salvini, ha violato la legge nel fare il suo lavoro». Roar. Intervenendo alla convenzione nazionale del Pd, il candidato alla segreteria del partito individua il nemico. Basta contrasti interni, dice, iniziamo a mettere nel mirino il leader della Lega. La pistola di Martina è piuttosto scarica, però. Leggi anche: Renzi smascherato, a un passo dalla scissione Pd: la bomba sull'ex premier È chiaro che una mozione di sfiducia individuale contro Salvini non ha alcuna speranza di avere i numeri in Parlamento. Anzi: il capitano rischia di ricevere anche una quota di voti in arrivo dai suoi alleati del centrodestra. Farebbe un figurone, invece di essere mandato a casa. Ma Martina non ne vuole sapere: «I miei avversari sono Lega e M5s senza ambiguità perché sono contro la democrazia liberale. I miei avversari», prosegue, «sono quelli che sostengono la legge Pillon, che prendono in giro i disabili con questa legge di bilancio, che lisciano il pelo al razzismo e al fascismo, che chiudono il centro di Castelnuovo di Porto e non chiudono le sedi di Casapound», ha proseguito l' ex ministro delle Politiche Agricole, «quelli che lasciano gli sfollati di Genova soli dopo aver preso gli applausi davanti alle telecamere, quelli che si mettono le divise delle forze dell' ordine e poi bloccano i ragazzi che vogliano entrare con i concorsi pubblici, sono quelli che governano e hanno una posizione ambigua sulla dittatura venezuelana». Poi Martina parla di Salvini: «Il mio avversario è un ministro coniglio, forte con i deboli e debole con i forti, che scappa dal processo anziché affrontarlo». Ed è per questo che, secondo il candidato alla segreteria dei dem, il ministro dell' Interno va sottoposto alla mozione di sfiducia e deve andare in Tribunale: «Deve difendersi nel processo e non dal processo». Infine l' ex vice di Matteo Renzi parla alla base: «Questo non è un congresso normale, ci giochiamo il futuro del Paese e ci giochiamo il nostro futuro. Molti scommettono che il futuro nasca dalle ceneri del Pd, ma io dico di no. Io penso», aggiunge, «che nelle settimane che ci separano dalle primarie deve crescere la consapevolezza che il confronto è una risorsa. Per me è il congresso il mezzo dell' unità». Senza pluralità e unità, conclude, «si diventa un piccolo partito, ma questo non serve. Voglio fare un congresso sulla prospettiva e non sui rancori, sulle rabbie, sulle rivincite. Non faccio opposizione ai governi del Pd per battere Salvini». di Salvatore Dama