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Manovra, il piano di Matteo Salvini per smontare le follie del M5s: verso il clamoroso blitz in aula

Davide Locano
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Segnali di ravvedimento. Voglia di smarcarsi da un alleato che nella manovra economica ha fatto la parte del leone. La notizia - per ora un' intenzione, in concreto si vedrà - è che per Matteo Salvini la pratica della legge di bilancio non è chiusa. Il testo finale non cambierà, sarà quello votato tra mille fatiche al Senato, che la Camera nei prossimi giorni approverà in fotocopia. Ma alcune storture possono ancora essere corrette e ci sono due modi per farlo. Il primo è il varo di un nuovo provvedimento. Il giorno di Natale il ministro dell' Interno si è detto disponibile a farlo riguardo all'Ires, l' imposta sul reddito delle società, che dal 2019 aumenterà per gli enti senza scopo di lucro. Il secondo metodo è l' intervento sul decreto che istituirà il reddito di cittadinanza. La manovra, infatti, si limita a stanziare i soldi per la regalia: 7,1 miliardi di euro per il 2019 e un po' di più per gli anni seguenti, pochi per il Bengodi promesso da Luigi Di Maio, anche perché dovranno finanziare pure la pensione di cittadinanza. La definizione delle regole è rimandata a un nuovo decreto, atteso per gennaio. Questo sarà scritto dal ministro del Lavoro, ma gli uomini di Salvini intendono metterci le mani sopra, per renderlo il più possibile a prova di truffa e dimostrare ai loro elettori che l' agenda economica del governo non è dettata dai grillini. Leggi anche: Moavero Milanesi, la nomina-chiave in Libia (che non piace a Salvini) IL REGALO DI NATALE L'annuncio sull'Ires è giunto a sorpresa il giorno di Natale. La legge di bilancio, infatti, cancella la norma che riduceva dal 24 al 12% l' aliquota a carico di enti ospedalieri, associazioni di beneficenza e simili. Un raddoppio dell' imposta che Salvini ha difeso sino al 25 dicembre, quando è stato ospite dell' Opera pia Cardinal Ferrari. «Se c'è qualcosa da migliorare lo faremo», ha detto rispondendo a domanda diretta, dopo che dall' onlus milanese gli avevano fatto presente l' aggravio annuale di 15mila euro, del quale faranno le spese, inevitabilmente, i loro poveri assistiti. Il Forum del Terzo Settore ieri ha chiesto di cancellare l' aumento della «patrimoniale» Ires subito, già a Montecitorio. Il governo, però, non può permettersi ripensamenti adesso: la manovra dovrà essere approvata così come è, per il semplice fatto che manca il tempo per cambiarla. Il testo giungerà stamattina in commissione a Montecitorio, dove le opposizioni presenteranno i loro emendamenti, ma in aula sarà blindato dal governo tramite il voto di fiducia, per diventare legge il 29 dicembre. Non trasformarlo in legge entro fine anno significherebbe andare all' esercizio provvisorio, che comporterebbe l' aumento dell' Iva già da gennaio: per M5S e Lega, una sconfitta da evitare ad ogni costo. Il 2019, insomma, inizierà con l' Ires rincarata e l' esecutivo, se vorrà, avrà pochi mesi di tempo (l' acconto si versa a fine giugno) per reintrodurre il regime agevolato in favore delle opere pie. Discorso diverso per il reddito di cittadinanza. Che quest'ultimo sia una spina nel fianco dei leghisti non lo nascondono nemmeno loro. I Cinque Stelle vogliono farlo partire a marzo e gli uomini del Carroccio hanno il terrore che da lì a fine maggio, quando si voterà per le Europee, emerga lo scandalo di un provvedimento che regala soldi a una platea di finti poveri, in gran parte meridionali: la Lega stessa ne uscirebbe a pezzi. LA STRETTA SULLE MANCE Per questo Salvini, che stasera sarà a Roma proprio per seguire la manovra, vuole imporre alcune regole all' alleato. «Stiamo incrociando tutte le banche dati. Se uno ha due o tre case, o due o tre macchinoni, non vedrà un centesimo di euro», ha assicurato. Ci vorrà molto di più, però, per aggirare i trucchi messi in atto dai finti poveri con i loro prestanome. I leghisti vorrebbero adottare il "modello lombardo", nel quale il reddito di autonomia è concesso sotto forma di assegni di inserimento lavorativo, bonus alle famiglie, tagli ai ticket sanitari e interventi simili. Di Maio pensa invece al "modello campano": una carta di credito caricata ogni mese con i soldi dei fessi che pagano le tasse, molti dei quali sono elettori del Carroccio. Due filosofie incompatibili, almeno in teoria. Alla fine, tutto dipenderà da quanto Salvini vorrà tirare la corda con l' alleato, dopo avergli lasciato gioco facile con la manovra. Anche perché la stessa Lega ha qualcosa da chiedere ai Cinque Stelle: dall' approvazione del decreto per andare in pensione a "quota 100", atteso anch' esso per gennaio, alla legge sulla legittima difesa. Bandiere leghiste che per sventolare hanno bisogno del voto dei parlamentari grillini. di Fausto Carioti

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