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Pd, il punto più basso della sua storia: crisi nera, ha più candidati che iscritti

Gino Coala
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Un dato è certo: in generale della politica non frega più niente a nessuno. Nell' agonia dei partiti, tuttavia, il Partito Democratico rappresenta un caso a parte, un punto di riferimento verso il baratro, una cugina talmente brutta da farti sembrare la tua ragazza una modella di Intimissimi, un amico che organizza vacanze talmente sfigate da indurti ad apprezzare il tuo capodanno a Capiago Intimiano. Leggi anche: Renzi e Boschi, l'ultimo disastro: nuovo partito con Forza Italia, scoppia il caos La prova viene dai numeri, per esempio quelli delle primarie dei dem nel Lazio. Gli iscritti sono stati chiamati a esprimersi sull' elettrizzante duello tra Andrea Alemanni, Bruno Astorre e Claudio Mancini. Risultato: militanti spariti, evaporati. E l' Espresso ha scelto di infierire in maniera spietata, pubblicando tutti i risultati dell' affluenza, sezione per sezione. In alcuni circoli nell' intera giornata si sono presentate cinque persone. Una ogni due ore. Più che un elenco dei votanti, pareva un necrologio, hanno commentato in tanti. In tutta la città di Roma, dove vive più o meno la metà della popolazione della regione, sono andate a votare 3700 anime. Una cifra pazzesca. Facciamo due conti: il Lazio conta quasi 400 Comuni e nella gran parte di questi i Democratici si sono presentati alle elezioni amministrative. Calcolando quindi una media di dieci candidati per paese, riusciamo a superare la cifra di 3700, senza neppure bisogno di sommare i 282 componenti dell' assemblea del partito e gli eletti in Regione. In pratica, più candidati che votanti alle primarie. E qui si fa la storia della politica. Una storia che ovviamente nessuno del Pd ha voglia di raccontare. Ieri, infatti, il problema si è nuovamente posto. Nel Lazio si teneva il secondo turno delle primarie, sempre per la segreteria. Stavolta, però, erano aperte pure ai non iscritti. L' obiettivo: trascinare ai seggi chiunque. Le regole permettono di votare a sedicenni, stranieri provenienti da Paesi Ue, extracomunitari con bizzarri documenti in tasca e universitari fuori sede. Semplici conoscenti e passanti. Risultato? Gazebo deserti, anche se va detto che nel 2014 era andata pure peggio (affluenza più che dimezzata rispetto al 2012). E forse c' entrano anche i due euro di contributi richiesti per partecipare alle deprimenti consultazioni. Un po' come far pagare il biglietto per andare a un funerale. Nel clima di pessimismo e sfiducia, ci si avvia verso le primarie nazionali, con il governatore Zingaretti favorito (40% dei voti nei sondaggi) e l' ex ministro dell' Interno Marco Minniti a inseguire a poca distanza (38%). Poi c' è Maurizio Martina, che dopo la sua trionfale esperienza in segreteria è inchiodato al 9%. Il giovane politico Pd, tuttavia, ha un piano per uscire dalle secche, ovvero mettere la faccia proprio là dove negli ultimi anni sono arrivate le sberle più devastanti: il settentrione salviniano. «C' è una frattura enorme tra il Nord e il governo giallo-verde: e noi abbiamo il dovere di provare a corrispondere alle aspettative tradite», ha spiegato ieri in un' intervista all' Linkiesta. E come si attirano i voti del Nord? "Mobilitazione per un referendum abrogativo del decreto Sicurezza e di quelle norme che genereranno solo un esercito di irregolari". L' idea, di conseguenza, sarebbe di sedurre lombardi, veneti e piemontesi che hanno votato la Lega smantellando il piano per contrastare gli sbarchi e l' immigrazione clandestina. Sarà un trionfo. di Lorenzo Mottola

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