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Ecco come le colombepossono fregare il Cave fermare Forza Italia

Silvio Berlusconi

Andrea Tempestini
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Dentro al Pdl, il partito “congelato” da Silvio Berlusconi, si comincia a far di conto. Dopo il round aggiudicato dai «lealisti» sui «governisti» e l'azzeramento delle cariche, il prossimo terreno di scontro sarà il consiglio  nazionale. È composto da ben ottocento persone, moltissimi eletti a livello locale, e dovrà ratificare il passaggio dal Popolo delle libertà a Forza Italia, eleggere i nuovi vertici. La convocazione ufficiale è per l'8 dicembre prossimo. Ma ieri le diplomazie - col benestare del Cavaliere - hanno cominciato a lavorare all'idea di anticiparlo: «Evitiamo di logorarci», il senso. L'idea di appellarsi a quell'organismo, lo stesso che acclamò Angelino Alfano segretario, è stata proprio dei sostenitori del vicepremier. Per Maurizio Lupi e Fabrizio Cicchitto, infatti, «è lì che si sceglierà che fare». Il 30 per cento degli aventi diritto, in teoria, potrebbe chiedere di cambiare le regole, decidere l'indietro-tutta. Quella cifra potrebbe essere raggiunta. Ma sarebbe la prima volta, dopo il voto del 2 ottobre al Senato, che il Cavaliere viene messo in minoranza. Nella penultima riunione, anzi, Gianfranco Fini venne messo alla porta col “che fai, mi cacci?”. Per evitare che ciò accada i «lealisti» di Raffaele Fitto hanno cominciato a mappare le Regioni, contattare i dirigenti locali, accertarsi come la pensino.  «La maggioranza è con il presidente», garantiscono. Loro, in effetti, possono contare sul maggior numero di coordinatori regionali, sono distribuiti meglio dal punto di vista territoriale oltre che più numerosi. Ma non si può mai sapere: troppe le variabili di qui a un mese. «Arriveremo a seicento firme su ottocento», stima un ex ministro lealista. «Impossibile, noi ne abbiamo già raccolte trecentocinquanta», risponde combattivo un ministro in carica.  Ecco la mappa, da Nord verso Sud, da Est verso Ovest. «Salvo qualche eccezione al vertice regionale, tutta la realtà piemontese, dai militanti ai rappresentanti istituzionali, è entusiasta della rinascita di Forza Italia», garantisce Manuela Repetti, vice coordinatrice regionale in Piemonte, senatrice e compagna di Sandro Bondi. Il riferimento è al coordinatore Enrico Costa, che, invece, si è schierato col vicepremier. Nella Regione ci sono, schierati per il ritorno del vessillo del 1994, anche Lucio Malan e Maria Rizzotti. La Lombardia è una delle Regioni dove le truppe si contendono la maggioranza all'ultimo iscritto. Lo scontro non è di oggi: da almeno un decennio si scontrano i liberal di Mariastella Gelmini, Paolo Romani e Mario Mantovani, attuale coordinatore regionale, e l'ala ciellina di Maurizio Lupi e Roberto Formigoni. I primi sono «lealisti», i secondi «alfaniani». Stando agli ultimi congressi, potrebbero prevalere i liberal anche se gli altri potranno contare probabilmente sull'aiutino di Mario Mauro, ministro della Difesa di Scelta Civica. In Veneto, invece, la bilancia pende per il nuovo partito. I favorevoli alla mossa del Cavaliere sono nettissima maggioranza: l'ex governatore Giancarlo Galan, il capogruppo a Montecitorio Renato Brunetta e anche Niccolò Ghedini e Maria Alberti Casellati, per dire. Contro sono Maurizio Sacconi e il coordinatore regionale e sottosegretario all'Economia, Alberto Giorgetti. In Friuli Venezia Giulia il coordinatore regionale è Isidoro Gottardo, ma l'uomo forte è l'ex governatore Renzo Tondo, schieratosi apertamente con i «lealisti». Il Trentino Aldo Adige fa da sé. Ma come sia schierata la coordinatrice Michaela Biancofiore è inutile dirlo. In Liguria ed Emilia Romagna la situazione è aperta: i coordinatori sono rispettivamente Michele Scandroglio e Filippo Berselli. «Mi auguro che il partito resti unito, ma la situazione non è facilmente prevedibile e di certo questa decisione lascia perplessi, il passaggio a Forza Italia non è condiviso», sostiene quest'ultimo. A controbilanciarli, però, la presenza forte gli ex ministri Claudio Scajola (che ha partecipato all'ufficio di presidenza di venerdì) e Annamaria Bernini. In Emilia, anzi, il consigliere regionale Rodolfo Ridolfi ha già assunto la guida del gruppo «lealista» e raccolto decine di firme nelle province. In Umbria prevalgono, al momento, gli «alfaniani». Il coordinatore regionale è Rocco Girlanda, attuale sottosegretario alle Infrastrutture, che lavora a stretto contatto con Maurizio Lupi. In Toscana per il momento non c'è partita. Sono di lì alcuni dei principali sostenitori del Cavaliere a Roma: Denis Verdini, Sandro Bondi, Altero Matteoli e Debora Bergamini. Contro potrebbe essere Gabriele Toccafondi, sottosegretario all'Istruzione, vicino a Lupi.  Altro terreno di scontro sarà il Lazio, Regione che conta il maggior numero di delegati. La partita è aperta, lo scontro tra i «governisti» Fabrizio Cicchitto, Andrea Augello, Beatrice Lorenzin, Barbara Saltamartini e  gli altri guidati da Renata Polverini, Maurizio Gasparri e Antonio Tajani. In mezzo Annagrazia Calabria, coordinatrice della Giovane Italia. La sfida sarà all'ultimo voto e potrebbe avere un ruolo non irrilevante Gianni Alemanno, appena uscito dal Pdl per aderire a Fratelli d'Italia. La Marche sono in maggioranza col Cavaliere: «La decisione presa è buona, giusta e saggia», conferma il coordinatore Remigio Ceroni. Idem in Abruzzo, dove l'ex governatore Gianni Chiodi e la deputata-imprenditrice Paola Pelino dovrebbero garantire la maggioranza all'ex premier. In Molise si giocano la maggioranza il berlusconiano Michele Iorio  ed Ulisse Di Giacomo, primo dei non eletti in Senato, quello che ha mandato i suoi avvocati in Giunta per chiedere la decadenza del Cavaliere. Che ha già fatto sapere da che parte sta: «Io sto con Gaetano Quaglieriello».  I «lealisti» sanno di poter contare su due bacini molto grossi quali sono la Campania e la Puglia. Lì non c'è partita. Il coordinatore campano è Francesco Nitto Palma e ha molto seguito Mara Carfagna. Solo nel Beneventano, dove il ministro Nunzia De Girolamo è coordinatore provinciale, le proporzioni si ribaltano. La Puglia, invece, è casa di Fitto e di Francesco Paolo Sisto, schierato con lui. Maggioranza netta per Alfano, invece, in Calabria, dove il governatore Giuseppe Scopelliti, ex aennino, ha fatto una scelta di campo e “controlla” gli eletti. Stessa sorte per la Sardegna, dove il governatore Ugo Cappellacci e l'ex sottosegretario Salvatore Cicu seguono l'ex segretario Pdl. Il match più interessante, specie per la valenza simbolica, è certamente quello della Sicilia. È la Regione dove sono nati e hanno cominciato a fare politica Alfano e il capogruppo Pdl al Senato, Renato Schifani. Sulla carta, vinceranno loro, anche grazie al coordinatore e sottosegretario Luigi castiglione. Eppure Stefania Prestigiacomo e Gianfranco Micciché sono pronti a scommettere che il «pareggio, se non il sorpasso» è possibile. Sempre che serva davvero, alla fine, la conta. di Paolo Emilio Russo

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