Roberto Formigoni, l'accanimento sull'ex presidente lombardo: sette anni in cella
Nessuno sconto per Roberto Formigoni: la corte d' appello di Milano ha deciso di appesantire la già indigesta sentenza rifilata in primo grado all' ex governatore lombardo. Da sei anni di reclusione si passa a sette e mezzo. Con l' aggiunta dell' interdizione dai pubblici uffici. Resta solo la Cassazione per chiudere il processo, dopodiché potrebbero aprirsi le porte della galera. Le accuse dei magistrati sono note: Formigoni avrebbe accettato una lunga serie di regali (viaggi e altre "utilità" per svariati milioni) da parte del suo amico Pierangelo Daccò. E in cambio si sarebbe speso per favorire alcune aziende sanitarie. Si parla di circa 330 milioni di euro passati dalla Regione alle casse delle varie cliniche.Una montagna di denaro o, come dicono i pm, «un gravissimo sistema illecito di storno di denari pubblici». Prima di esprimersi sulla fine della carriera del politico ciellino, tuttavia, sarebbe utile valutare un paio di fatti. Leggi anche: Formigoni, batosta in appello: condannato a sette anni e mezzo I NODI Il primo: se è giusto condannare Formigoni, allora bisogna perseguire anche tutti i consiglieri lombardi che in quegli anni formavano l' opposizione, Rifondazione comunista inclusa. La ragione è che i regolamenti grazie ai quali la Maugeri e il San Raffaele hanno ottenuto i rimborsi contestati sono stati votati dall' intera aula del Pirellone. Approvati all' unanimità. Solo in un secondo momento la giunta è intervenuta convertendo il tutto in delibere. E questo semplicemente perché si trattava di provvedimenti giusti sotto ogni punto di vista: le strutture sanitarie erano vincolate dalla legge a fornire alcune prestazioni di pronto soccorso. Prestazioni molto care, che avrebbero appesantito in maniera eccessiva i bilanci delle aziende sanitarie private. E di conseguenza la Regione aveva pensato di contribuire. Dove sta il furto? Non è chiaro. Secondo: praticamente tutti gli altri protagonisti della vicenda - come il potentissimo direttore sanitario dell' epoca, Carlo Lucchina - sono stati assolti. E questo perché le delibere erano esenti da vizi e non comportavano affatto un ingiusto esborso per le tasche dei cittadini lombardi. D' altra parte mai la Corte dei Conti s' era sognata di impugnare queste leggi, giudicate del tutto legittime. Solo Formigoni e il suo finanziatore sono stati colpiti. Alla luce di ciò ci si potrebbe chiedere come sia maturata la condanna. Il fatto è che Formigoni e Daccò sono amici da anni e che quest' ultimo era un uomo molto ricco. Di conseguenza spesso si occupava di saldare il conto di cene e di viaggi fatti insieme. Questi favori, secondo la Procura, sono prova certa di corruzione. Resta però da capire cosa ci avrebbe guadagnato Daccò, visto che - come dicevamo - i soldi alle cliniche sarebbero arrivati lo stesso. CALCOLI Sulla cifra addebitata al politico ex Forza Italia, peraltro, c' è molto da discutere. Si parla di addirittura 6,6 milioni di euro. Una somma principesca, praticamente la truffa del secolo. La realtà è un po' diversa. Per dirne una, Formigoni ha ammesso di essere stato tre volte a bordo dello yacht di Daccò. I magistrati, tuttavia, gli hanno addebitato l' intero costo dell' imbarcazione, come se il mediatore l' avesse acquistato apposta per lui. E lo stesso - secondo gli avvocati del politico ciellino - vale per la gran parte delle cosiddette utilità che gli vengono imputate. D' altra parte, la situazione finanziaria di Formigoni oggi è tutt' altro che rosea, anzi in pratica ha già cominciato a scontare la condanna. La Procura ha ordinato di sequestrare tutti i suoi beni e la sua pensione (non il vitalizio, cui tempo fa aveva rinunciato). In parole povere, l' imputato è completamente al verde, oltre che vicino alla galera. «Sono vittima di un accanimento senza precedenti», aveva detto l' ex governatore già nel 2014. Purtroppo per lui non sapeva che il peggio doveva ancora arrivare. di Lorenzo Mottola