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Tra voli pindaricie politichese anni '70le quattro mozionidei 4 candidati Pd

Matteo Legnani
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Sogni mostruosamente Pd potremmo definirli, parafrasando il titolo di un mitico film di Paolo Villaggio. Sono quelli dei 4 candidati alla segreteria del Partito democratico: Renzi, Cuperlo, Civati e Pittella. I quali hanno approntato e pubblicato le mozioni a sostegno della loro candidatura. In cui volano alto, col rischio di cadere quando poi, il vincitore, dovrà mettere insieme un partito dove  non mancano protagonisti vecchi e nuovi. Civati - Da un ex rottamatore, ex amministratore locale e giovane emergente ci si aspetterebbe un documento snello, diretto, con un messaggio chiaro. Invece la mozione di Pippo Civati è di 70 pagine, la più lunga, ed è scritta con un linguaggio incomprensibile per chi ha voglia di avvicinarsi alla politica. Sembra più frutto delle acrobazie lessicali di Fabrizio Barca (citato nella mozione con la sua “mobilitazione cognitiva”, ma senza “catoblepismo”) che non della mente di un giovane conosciuto per essere diretto e poco intellualoide. A titolo esemplificativo un intero capitolo che parla di “Postumità e rimozione”: “La classe dirigente che ha guidato la sinistra italiana nell'ultimo ventennio l'ha condotta esattamente in questo stato di «infermità culturale», coltivando nel tempo due atteggiamenti nocivi verso il proprio passato: la postumità e la rimozione”. Non si capisce neppure bene cosa Civati voglia dire quando parla di “filiera del sapere” che tenga insieme “maestri d'asilo e premi Nobel”, oppure quando parla di “uno sviluppo sobrio, rispettoso dell'ambiente e delle persone” che deve essere “democratico e gradualista, perché tiene insieme il popolo e lascia da parte il giacobinismo”. Siamo all'apice del supercazzolismo. In sintesi si può dire che la proposta di Civati è una fusione dell'esperienza della sinistra identificabile in Prodi e Rodotà, con il movimentismo antipartitico del Movimento 5 Stelle da diversi mesi corteggiato dal neoparlamentare del Pd. Il tutto, scritto nella lingua di Fabrizio Barca, è condito con spruzzata di ambientalismo, simil decrescita-felice e richiamo a valori di sinistra. Cuperlo - La mozione di Cuperlo è più o meno una replica del programma di Pier Luigi Bersani, con qualche passo indietro. Non c'è più quel richiamo alle politiche di liberalizzazione che avevano ispirato il ministro Bersani quando a sinistra andava di moda Tony Blair e non Francois Hollande. Quella spinta si è sempre più affievolita e con Cuperlo si è spenta e ora la stella polare della sinistra italiana non è più la coppia Blair-Mandelson, se mai hanno provato ad emulare quell'esperienza, ma Fassina-Visco (Vincenzo), un bel passo indietro. Se Cuperlo avesse i baffi e indossasse vestiti marroni, sembrerebbe di essere tornati ai tempi di Achille Occhetto. In sintesi l'ex segretario dei giovani comunisti ci dice che in Italia la spesa pubblica è bassa e che non va assolutamente tagliata, che la pressione fiscale non va abbassata ma rimodulata, che la ripresa parte da un aumento della spesa pubblica. L'Italia non è in crisi per alte tasse, alta spesa e alto debito, ma per il troppo libero mercato che ha “ha dilapidato una parte consistente del patrimonio industriale e produttivo del Paese, allargando la forbice tra Nord e Sud, provocando una caduta brusca della competitività e depauperando saperi, civismo, beni pubblici”. Siamo stati vittime di un “liberismo senza freni e vincoli” e non ce ne siamo accorti. In sintesi si tratta di un programma tutto tasse, spesa pubblica, sindacati e concertazione, volto alla conservazione dell'esistente più statalista che riformista. Nella mozione c'è un riferimento a papa Francesco e aleggia lo spirito di Nichi Vendola sia negli argomenti (“Bisogna costruire l'alternativa di un nuovo centrosinistra, non una semplice alternanza di governo dentro i binari dell'ortodossia liberista”) che nel linguaggio (“Dobbiamo offrire la certezza di riforme vere a quanti si battono sull'avamposto della creatività. La bella notizia è che Cuperlo dichiara “Tolleranza zero contro la povertà”, che quindi sparirà se dovesse diventare segretario. Pittella - Il documento di Pittella è più moderato, dice di stare attenti a proporre una linea economica “che sia semplicemente un ritorno allo Stato” (il sogno proibito di Cuperlo e Fassina), ma anche di abbandonare “l'illusione altrettanto regressiva di un abbandono al mercato” (anche se pare che per ora in Italia non corriamo pericoli del genere). Come Civati e Cuperlo vuole un reddito minimo garantito, ma si caratterizza per una maggiore attenzione all'Europa e al Sud. Renzi - La mozione di Renzi è la più sintetica, leggibile e comprensibile. Parte con un'analisi spietata sullo stato di salute del Pd e ammette chiaramente di voler prendere i voti degli avversari, una cosa banale, ma fino a poco fa una bestemmia da quelle parti. “Siamo il primo partito nel pubblico impiego e nei pensionati. Il secondo partito tra gli studenti. Addirittura il terzo tra operai, disoccupati, professionisti, imprenditori. Vogliamo essere il primo partito in tutte queste categorie.  Ma per farlo dobbiamo cancellare il conservatorismo di chi vorrebbe fare sempre le stesse cose”. Il sindaco di Firenze parla molto per slogan non fa molte proposte concrete, ma è il documento con la spinta riformista più forte e l'unico che, se non esalta, quantomeno non demonizza il mercato. Renzi è l'unico che parla chiaramente di abbattimento del debito, di riduzione delle tasse e della spesa pubblica: “Chi oggi dice che non si può toccare la spesa pubblica si pone dalla parte di chi vuole conservare l'esistente, cioè un sistema ingiusto e inefficiente”. Vuole conservare il bipolarismo e mette in discussione molti dei tabù della sinistra che sono causa del declino italiano. Non è qualcosa di rivoluzionario, ma un passo avanti rispetto alla sinistra a cui siamo abituati. È il favorito, ma dovrà fronteggiare avversari agguerriti e con un messaggio che fa più presa sui militanti di sinistra e se l'affluenza dovesse essere bassa, potrebbero esserci sorprese.   di Luciano Capone  

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