Cerca
Cerca
+

Antimafia, eletta la Bindi: rivolta del Pdl

Rosy Bindi

Dopo i voti in Giunta e la battaglia per il voto palese anti-Cav, i democrat non mollano e trovano una poltrona per Rosy. Rivolta tra gli azzurri

Michele Chicco
  • a
  • a
  • a

Altro schiaffo dei democratici al Pdl: Rosy Bindi è stata eletta presidente della commissione parlamentare Antimafia, nonostante gli azzurri avessero posto il veto sul suo nome. Il Pd non si è lasciato intimorire ed ha eletto il suo candidato, al ballottaggio contro il 5 Stelle Luigi Gaetti, con 25 voti. "Se ci sono stati patti non ne ero a conoscenza" ha detto la Bindi subito dopo l'elezione, alludendo alle polemiche innescate dal Pdl e all'accusa ai democratici che non avrebbero rispettato gli accordi di coalizione. Lei era la favorita ed è stata eletta con i 20 voti del Pd, più i due dei Socialisti e altri due di Sel. Giallo, invece, sull'altro voto decisivo: si pensava fosse arrivato dai parlamentari di Scelta Civica che invece in serata hanno detto di essersi astenuti. Eletti anche i due vicepresidenti: Claudio Fava di Sel (con 21 voti) e proprio Gaetti dei Cinque Stelle che ha raccolto sette voti (grillini al completo, meno uno). Nessun ruolo per il Pdl che non ha partecipato all'elezione per protesta.  Scontro - Gli azzurri dal principio si sono opposti a quel nome: la Bindi è un simbolo del Pd e nessuno, a San Lorenzo in Lucina, avrebbe voluto vedere la Rosy dem sulla poltrona simbolo dell'Antimafia. E invece il Pdl ha dovuto sottostare alla prepotenza dei democratici che non hanno voluto stringere un accordo con i colleghi di maggioranza. Renato Brunetta e Renato Schifani avevano annunciato che avrebbero disertato il voto di oggi per il mancato accordo. Il Pdl, dopo l'elezione, ha lasciato trapelare anche l'intenzione di non partecipare alle sedute dell'Antimafia fino a quando non sarà ricucito lo strappo. Il punto, secondo i capigruppo Pdl, è che "il presidente imposto dal Pd e non una personalità condivisa dall'insieme delle forze politiche" e quindi non è possibile affidarle un ruolo di rappresentanza istituzionale come la presidenza dell'Antimafia.  Reazioni - Subito dopo l'elezione della Bindi il primo commento a caldo è stato di Maurizio Gasparri che, via Twitter, ha definito il gesto un "inaccettabile strappo del Pd"  compiuto "pur di dare una poltrona a Rosy Bindi". Anche Fabrizio Cicchitto, pacifica colomba azzurra, non è d'accordo con l'imposizione democratica e vorrebbe che il neo presidente rimettesse il suo mandato. "Il comportamento del gruppo del Pd - ha detto - è del tutto inaccettabile perché ha eletto da solo il presidente della commissione Antimafia". Gli azzurri, in blocco, non ci stanno e Cicchitto si dice d'accordo con la linea scelta da Brunetta e Schifani: il Pdl, dice, "giustamente non prenderà più parte ai lavori della Commissione togliendole così un'effettiva rappresentanza generale". "Con questa forzatura - spiega Cicchitto - è stata affossata l'Antimafia in questa legislatura a meno che - e qui l'apertura al centrosinistra - non ci sia una revisione totale rispetto alla linea che ha portato a questo risultato". Secondo il capogruppo alla Camera Renato Brunetta,  "se avesse un minimo di senso delle istituzioni l'onorevole Rosy Bindi si dovrebbe dimettere immediatamente dalla presidenza della commissione parlamentare Antimafia: un ruolo cosi' delicato non puo' essere appannaggio di una sola parte politica". I precedenti - La settimana scorsa pareva delinearsi un accordo di maggioranza per uscire dallo stallo. Pdl e Pd - nessuno dei due partiti disposto a convergere sul candidato dell'opposta forza politica - avevano deciso di convergere su Lorenzo Dellai di Scelta Civica. Un'intesa poi saltata: anche questa candidatura avrebbe creato fibrillazioni all'interno dei moderati. Così, alla fine, l'ha spuntata la Bindi. Un'altro colpo difficile da digerire per gli azzurri, che nelle ultime settimane si sono scontrati con l'inflessibilità dei democratici in Giunta elezioni al Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi e, successivamente, hanno visto i loro teorici alleati impegnati ina una battaglia a favore del voto palese al Senato con cui far fuori il Cavaliere. La Bindi, inoltre, è un nome destinato a far discutere: nei giorni della nascita delle larghe intese fu in prima linea contro l'"inciucio", affermando di non voler essere "complice" di Berlusconi. Toni aspri, quasi un'accusa relativa a chissà quale connivenza. Accuse reiterate anche nel passato, e non ci si riferisce al "siparietto" che scaturì dal "più bella che intelligente" del Cav a cui lei rispose affermando di "non essere una donna a sua disposizione".

Dai blog