Il trombato Fini racconta la destra:Berlusconi, Bossi, Monti, Letta
Nel suo libro Gianfry spara a zero su ex colonnelli An, politici, giornalisti e intellettuali. Ecco cosa scrive
Nei prossimi giorni, uscirà il nuovo libro di Gianfranco Fini, "Il Ventennio. Io, Berlusconi e la destra tradita" (Rizzoli). Ecco alcune anticipazioni di Francesco Borgonovo. Marcello Veneziani. Fini sostiene che la destra più nostalgica, a un certo punto, cominciò a farlo passare come uno talmente eterodosso da essere connivente con la sinistra. La punta di diamante di questa destra è Marcello Veneziani, definito intellettuale organico al berlusconismo dopo esserlo stato del neofascismo. A questo proposito, Fini cita le critiche che gli mosse Veneziani dopo un suo intervento alla Festa democratica di Genova nel 2009. Pietrangelo Buttafuoco. Fini lo cita solo una volta, definendolo un intellettuale colto e brillante, ma rimproverandogli di aver descritto la famosa bandana di Berlusconi nel 2004 come un emblema della fantasia al potere di sessantottina memoria. Gianni Letta. Fini spiega che non ha mai voluto entrare in Parlamento per coerenza con se stesso, poiché una volta messo piede in un'aula non potrebbe agire senza vincolo di mandato. Il suo vincolo indissolubile - dice - è rispettare e attuare le volontà e le decisioni di Berlusconi (ecco perché è l'uomo di cui il Cav si fida di più), sempre e comunque, anche quando le reputa sbagliate. Mario Monti. Fini lo definisce un buon presidente del Consiglio, che ha aiutato l'Italia soprattutto grazie alla sua personale credibilità. Ma lo considera anche un pessimo candidato premier, in quanto digiuno di politica e incapace di trasmettere le emozioni che hanno un ruolo importante in campagna elettorale. In più, era circondato da troppi soloni convinti di sapere tutto e incapaci di convincere anche un solo elettore, familiari compresi. Italo Bocchino. Nel libro non si fa cenno ai passati dissidi tra Fini e il suo ex braccio destro. Gianfranco lo presenta come il motore che lavorò infaticabilmente per raggiungere l'obiettivo e mettere in piedi Futuro e Libertà e sostiene che fu il primo a sperimentare l'esistenza della macchina del fango. Fini racconta che un giorno un esponente forzista del Pdl avrebbe detto a Bocchino: se quello continua, vedrai che attacco farà il Giornale alla sua famiglia. Altero Matteoli. Fini lo descrive come un uomo tradizionalmente filogovernativo, naturalmente in sintonia con la leadership del momento, ma comunque corretto nei rapporti personali. Umberto Bossi. Dal ritratto che ne fa Fini emerge un grande politico. Secondo lui, è tutt'altro che il rozzo e ignorante demagogo della vulgata di sinistra. E' anzi un uomo curioso e privo di spocchia, per cui la parola data è sacra. Fini dici di non aver mai avuto l'impressione che fosse xenofobo o razzista, recitava soltanto una parte in commedia sui palchi. Per l'ex leader di Fli, Bossi si illudeva credendo nel federalismo - che definisce un colossale inganno - e nel mito fasullo della Padania, progetto già archiviato dalla storia. Benito Mussolini. Viene citato una volta sola nel libro, e di passaggio. Fini ritiene di avere tolto in via definitiva il fascismo dalla lotta politica italiana consegnandolo al giudizio della storia nel momento in cui si recò in viaggio in Israele. Giulio Tremonti. Secondo Fini, la figura di Tremonti resta enigmatica. Lo definisce come un uomo di indubbia cultura economico-politica e di estese e importanti relazioni internazionali, capace di scrivere saggi di grande interesse e successo. Ma quando viene chiamato alla prova del governo, ecco che emerge l'altro Tremonti. I grandi scenari presenti nei libri lasciano spazio a visioni molto più anguste dove la politica economica si traduce in semplice gestione, più o meno creativa, dell'esistente. Marina Berlusconi. Fini si dice sicuro che non sia Berlusconi a ipotizzare che a succedergli sia sua figlia Marina. Ma dice di essere convinto che Silvio in cuor suo ne sia gratificato quando i suoi sudditi più fedeli lo fanno. di Francesco Borgonovo