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Bersani, un conto in comune con la segretariache parlava col cellulare della Camera

Bersani

La colalboratrice di Pier era pagata dalla Regione Emilia Romagna e usava un telefono di Montecitorio

Lucia Esposito
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Guai in vista per Bersani. La sua segretaria Zoia Veronesi aveva conto corrente cointestato con lui e un cellulare della Camera che le era stato assegnato, non si capisce a che titolo, dal questore della Camera Gabriele Albonetti, l'uomo dei conti per il Pd della Camera. Lo racconta il Fatto Quotidiano che precisa che sul caso sta indagando la Procura di Roma e la prossima settimana Albonetti sarà sentito come persona informata dei fatti. Dovrà spiegare per quale motivo la segretaria di Pier Luigi avesse in uso un cellulare della Camera. L'esistenza di un conto corrente cointestato era emersa durante l'inchiesta della Procura di Bologna che vede indagata la Veronesi per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia Romagna. Secondo l'accusa la Veronesi, dipendente della Regione, è stata pagata dall'ente dal primo giugno 2008 al 28 marzo 2010: ma in quel periodo lei era la segretaria del leader del Pd. Insomma, era più a Roma che a Bologna. Ma nonostante tutto, come sostiene la Procura, ha percepito 140mila euro. La Veronesi nel frattempo si è  dimessa dalla Regione. Solo al termine dell'indagione,  a settembre del 2013, i magistrati bolognesi trasmettono gli atti relativi al conto corrente cointestato e al telefonino alla Procura di Roma. Come scrive il Fatto, la segretaria di Bersani ha spiegato che su quel conto corrente confluivano i contributi dei privati regolarmente registrati da Bersani. Per quanto riguarda il telefonino, Veronesi ha spiegato di averlo avuto dal questore anche se non lavorava per la Camera in virtù del ruolo di raccordo che aveva con la Regione. Il ritardo - In molti si chiedono per quale motivo i pm bolognesi abbiano trasmesso gli atti a Roma solo dopo le primarie contro Renzi e le elezioni. La notizia di un conto cointestato con la segretaria certamene non avrebbe giovato all'allora segretario del Pd. Dal canto loro gli inquirenti bolognesi avevano l'esigenza, legittima, di tutelare il segreto sul filone bolognese (quello della truffa ai danni della Regione).  E' indubbio che la scelta degli inquirenti emiliani - una scelta squisitamente tecnica - ha  avuto degli effetti politici. Il deputato del Pdl Elio Massimo Palmizio, secondo quanto scrive il Fatto ha presentato un'interrogazione al ministro Cancellieri per chiedere "perché i magistrati nel momento in cui hanno appreso dell'esistenza del conto intestato a Zoia Veronesi, indagata per truffa, hanno deciso di secretare gli atti, inviandoli per competenza alla Procura di Roma solo tre settimane fa a distanza di 12 mesi dalla presunta notizia di reato". 

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