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La supercazzola di Fassina: "La spesa pubblica non va tagliata", ma nei calcoli dimentica 90 miliardi di euro

Il bocconiano democratico difende a spada tratta la legge di stabilità, ma bara sui numeri

Roberto Procaccini
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La supercazzola sul debito pubblico di Stefano Fassina. Il responsabile Pd dell'Economia, oltreché viceministro dell'Economia, insomma l'esperto di economia che nel partito ha fatto le scarpe a Pietro Ichino (troppo liberal, a suo giudizio), inforca gli occhiali e si mette alla tastiera per difendere la legge di stabilità partorita dal governo. Il bocconiano democrat si erge a baluardo della manovra, specie e soprattutto in materia di spesa pubblica. La protegge da quanti lamentano i mancati tagli, che siano voci che vengono "dalla destra e dai presunti esperti  - come i liberali del Corsera Alesina e Giavazzi - ma anche dai riformisti coraggiosi - sono le parole di Fassina - della sinistra subalterna al neo-liberismo". Ecco, allora sulle colonne virtuali dell'Huffington Post il viceministro si lancia in una dotta disquisizione sul come nella spesa pubblica italiana non ci sia nulla che non vada, come anzi sia inferiore a quella di altri partner europei e quasi quasi meriti di essere sostenuta. Tutto ok? Insomma, perché il diavolo è nei dettagli, e Fassina nasconde il suo in due parole nella premessa al pezzo. Nei miei calcoli, spiega il viceministro, non terrò conto della "spesa per interessi sul debito". Cioè: Fassina defalca dai suoi conti i circa 90 miliardi di euro l'anno che lo Stato paga in interessi sui Bot e sui Cct. Insomma, mica bruscolini: una supercazzola in piena regola.

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