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Governo, manovra con troppe tasse, il Pdl si spacca: ora Letta rischia di nuovo

Alfano: "Siamo le sentinelle, rispettati gli impegni Ue". Bondi: "No, tasse cammuffate, non aiutiamo la ripresa". La manovra spacca il centrodestra e fa traballare il premier. E c'è pure il caso-decadenza

Giulio Bucchi
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La legge di stabilità divide il Pdl e, dunque, fa tremare il governo. In fondo, bastava dare un'occhiata alla faccia del vicepremier e segretario azzurro Angelino Alfano, martedì sera durante la conferenza stampa di Enrico Letta (prima di tornare nel ring di Palazzo Chigi), per capire che l'aria che tirava dalle parti degli azzurri non era buona. Alfano ha fatto buon viso: "Abbiamo rispettato l'impegno preso con l'Europa di contenimento del deficit e invertito la tendenza sul debito pubblico". Vero, ma dalla "sentinella anti-tasse" i falchi del Pdl si aspettavano molto di più. Pochi tagli, il resto sono proprio tasse. E così non va. Se alla questione manovra si somma poi la tensione sul fronte del voto di decadenza, con le manfrine sul voto palese in Senato, è facile prevedere un autunno caldissimo per Letta. Bondi contro Alfano - "Si tratta di un provvedimento che non aiuta l'economia a crescere e che prevede un aumento consistente delle tasse per ora abilmente cammuffate. Tutto questo non tarderà a venire alla luce". Parola di Sandro Bondi, che da Alfano è distante ormai anni luce. Il primo, lealista, vorrebbe una futura Forza Italia ancora a trazione berlusconiana. Il secondo, governista, vuole continuare l'esperienza delle larghe intese prima di dedicarsi al partito che verrà, collocandolo comunque in una dimensione post-berlusconiana. Ecco perché criticare o difendere il governo significa anche lottare per prendersi il Pdl-Forza Italia. Falchi alla riscossa - La fronda contro Letta e Alfano nel Pdl sta tornando numerosa e rumorosa. I falchi erano usciti sconfitti su tutta la linea appena due settimane fa sul voto di fiducia al governo, che aveva costretto lo stesso Berlusconi a un precipitoso dietrofront sconfessando le proprie posizioni. Oggi però la musica cambia: "Senza correzioni alla manovra finanziaria varata dal CdM - dice Renata Polverini, ex governatrice del Lazio - e senza modifiche al dl pa, in fase di conversione in parlamento, appare ormai evidente come si stia verificando un vero e proprio accanimento contro 3 milioni di lavoratori dello Stato". E Renato Brunetta? Lui nei mesi scorsi è stato tra i più duri con il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, di cui ha chiesto a più riprese le dimissioni. Ora che avrebbe altre ragioni per volere la sua testa pare frenare: "Desidero esprimere soddisfazione per l'ottimo lavoro del ministro della salute, Beatrice Lorenzin, che, con la sua azione decisa ed incisiva, è riuscita a evitare un taglio alla sanità italiana che dalle indiscrezioni circolate nei giorni scorsi era stato quantificato in circa 2 miliardi e 600 milioni di euro". Vedi alla voce: glissare. Logico: il focoso Renato per una volta è troppo impegnato a mediare tra le due estremità.

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