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La manovra che non piace a nessunoDal Corsera a La Stampa, dal Fatto a Libero e Il Giornaletutti bocciano la finanziaria Letta

Calabresi, Travaglio, Sallusti, Belpietro, Mauro

I maggiori quotidiani criticano la Legge di Stabilità appena varata dal Consiglio dei ministri: "Speravamo in una svolta, ma non lo è"

Nicoletta Orlandi Posti
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La manovra da 11,5 miliardi di euro appena varata dal governo di Enrico Letta non piace a nessuno. Almeno a leggere gli editoriali sui principali quotidiani in edicola oggi, 16 ottobre 2013. “Speravamo in una legge di Stabilità di svolta, ma non lo è. Il presidente del Consiglio aveva alimentato grandi aspettative", tuona Enrico Marro dalla prima pagina del Corriere della Sera che spiega: "La manovra, disse in tv a Porta a Porta , «avrà come cuore l'intervento per ridurre le tasse sul lavoro e aumentare i soldi in busta paga dei lavoratori». Ma a conti fatti, con un misero miliardo e mezzo nel 2014, le retribuzioni nette aumenteranno, se va bene, in media di 10-15 euro al mese. Come nel 2007, non se ne accorgerà nessuno. Non passa di qui il rilancio dei consumi. E, se non riparte la domanda, non saranno tardivi sgravi sull'Irap a rendere le imprese più competitive né alcuni incentivi a convincerle ad assumere. Lavoratori e pensionati si accorgeranno invece subito dei tagli e dovranno fare i conti con nuove tasse come la Tresi per capire se rispetto a prima ci guadagnano (forse, se hanno solo la casa d'abitazione) o ci rimettono (probabilmente, se hanno più abitazioni o se inquilini). Saranno in balia delle decisioni dei Comuni sulla stessa Tresi e delle Regioni, che si rifaranno sui cittadini per il miliardo di tagli subiti". Sulla stessa lunghezza d'onda Maurizio Belpietro. Il direttore di Libero scrive nel suo editoriale che "cambiano i nomi, si moltiplicano le sigle, ma alla fine tocca sempre al contribuente pagare.  Trise, Tari, Tasi sono i nuovi acronimi inventati dall'amministrazione finanziaria, ma il risultato è che lo stato invece di tutelare il risparmio delle famiglie - come promette nella Costituzione - lo punisce. Infatti, quando il Fisco non riesce a far quadrare i conti rifacendosi sui lavoratori a reddito fisso, prelevando il massimo dai loro stipendi, si rivolge all'unico bene alla luce del sole, ovvero la casa. Da tempo questa è diventata una delle fonti principali di sostentamento di uno stato sempre più vorace. Prima l'Ici, poi l'Imu, infine Trise, Tari e Tasi: una sequela di imposte che rende il prelievo odioso e che rischia di uccidere un mercato, quello immobiliare, tra i più vitali del nostro Paese.  Quanto costa in termini di mancata imposta di registro e di depressione del settore delle costruzioni la pervicacia con cui il Fisco si accanisce sul mattone? Stime precise non ne esistono (anche se le associazioni di categoria forniscono cifre allarmanti), sta di fatto che si ha la sensazione che anche con le abitazioni stia succedendo ciò che si è già registrato con l'Iva e con la benzina: a forza di aumentare la pressione fiscale, il gettito rischia di precipitare fino a far perdere qualsiasi vantaggio per lo Stato". Nicola Porro, sul Giornale, definendo la Finanziaria di Letta "democristiana" fa i cosiddetti "conti della serva". E i conti non tornano: "La manovra infatti è da 11,5 miliardi di euro e le coperture di cui parla il premier sono vicine agli 8,5 miliardi: mancano all'appello tre miliardini". Per Paolo Baroni de La Stampa, con questa manovra "niente lacrime e sangue, ma cautela e oculatezza", Letta non solo evita che il Pdl riparta in quarta con la sua crociata contro le tasse, ma attuisce i rischi di scontro sociale. "Che questo galleggiamento serva poi ache nei prossimi mesi è tutto da dimostrare", puntualizza Baroni. "La crescita quella vera, forte, costante, quel +2% messo in conto solo per il 2015 ha bisogno di tutt'altri interventi. E soprattutto di molte più risorse. Sevono forza nell'incidere sui problemi, sugli sprechi e le spese inutili, e molta determinazione nel reperire nuove risorse". Dietro gli slogan, fa notare Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano, restano molte domande. "La prima è se l'Europa riterrà sufficienti le coperture. L'altra - sollevata dal Confindustria - è se questi interventi sono sufficienti a spingere la crescita". Visto che anche il ministro Saccomanni, di fatto ammette che la manovra non servirà a molto.

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