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Berlusconi non sarà più Cavaliere

Silvio Berlusconi visto da Benny

Lucia Esposito
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Il Cavaliere non sarà più Cavaliere. Eccola l'ultima umiliazione per Silvio Berlusconi mentre si allungano i tempi per il voto sulla decadenza in Senato, prosegue la procedura per la revoca dell'onorificenza. La data fatidica è il 19 ottobre. Proprio nel giorno in cui la Corte d'Appello di Milano dovrà rideterminare la durata dell'interdizione dai pubblici uffici, i Cavalieri del Lavoro apriranno la procedura che porterà alla revoca del titolo prestigioso che era stato conferito a Silvio Belrusconi da Giovanni Leone nel 1977.  In caso di interdizione dai   pubblici uffici decadono automaticamente e immediatamente tutte le   onorificenze, quindi anche quella di Cavaliere del lavoro. Si fa  riferimento all'articolo 28 del Codice penale", lo ha spiegato   il presidente della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro Benito Benedini, interpellato sulla eventuale revoca di Silvio   Berlusconi dalla onorificenza di Cavaliere nel momento in cui sarà   decisa la interdizione dai pubblici uffici. "Noi comunque come Cavalieri del lavoro non possiamo revocare il  titolo, spetta al presidente della Repubblica su istanza del ministro   dello Sviluppo economico" ha aggiunto Benedini che ha ricordato che   l'ultimo Cavaliere revocato è stato Calisto Tanzi. Intanto Silvio Berlusconi minaccia nuovamente di far cadere il governo.  Ultimatum di Silvio  - Molti nel Pdl considerano il voto sulla decadenza  l'ora della verità, soprattutto contro chi da settimane minaccia  scissioni attraverso gruppi autonomi, come Gaetano Quagliariello,   Fabrizio Cicchitto, e Roberto Formigoni. "Non starò certo a guardare   mentre mi fanno fuori e mi trafiggono alle spalle", sarebbe stato il   ragionamento fatto dal Cav. “Berlusconi si sta giocando la partita   della vita, non starà fermo più di tanto, presto dirà la sua”,   assicura una fonte a lui vicino.L'ex premier non si fida più da tempo del Quirinale e il discorso di Giorgio Napolitano è stato interpretato dai  fedelissimi come un vero e proprio intervento a gamba tesa. Tant'è   che il senatore Sandro Bondi ci è andato giù duro prima contro il   presidente della Repubblica (“Le sue riflessioni sono il metronomo   della politica italiana e francamente comincio ad avere seri dubbi   sull'utilità di questo ruolo esercitato da Napolitano”) e poi contro  le larghe intese: “Con il voto palese il Pd mette a rischio   l'alleanza”).    Anche il presidente dei senatori Renato Schifani fa capire   chiaramente il clima che si respira a palazzo Grazioli: “Il Pdl si   aspetta che il Pd rivisiti l'atteggiamento tenuto" nella Giunta delle   elezioni, dove "si sono forzati tempi e procedure" e non si è   concessa la via del ricorso alla Corte Costituzionale o alla Corte di   giustizia europea sul caso della decadenza: ove questo non dovesse   succedere - avverte l'ex presidente del Senato - è evidente che i   margini di agibilità politica della maggioranza si restringeranno   sempre più” . La delusione del Cav - Nel giorno   dell'ira per la decisione della Giunta del regolamento del Senato di   rinviare al 29 ottobre data e voto segreto sulla decadenza, Silvio   Berlusconi torna a invocare l'unità del Pdl per evitare il peggio. Il  Cavaliere, che nel pomeriggio è rientrato a Roma, avrebbe ribadito ai  suoi tutti i rischi legati a una scissione del partito, invitando chi   vuole tradire a uscire subito alla scoperto, prima del 'verdettò   dell'aula di palazzo Madama sulla sua ineleggibilità. Nel mirino, riferiscono a palazzo Grazioli, ci sarebbero le   colombe che non giocano pulito, approfittando della generosità del capo. Stasera il leader azzurro dovrebbe avere un colloquio con   Angelino Alfano e domani con Raffaele Fitto per cercare di garantire   una tregua armata.   Berlusconi, raccontano, è molto amareggiato per quanto sta   accadendo al Senato e per le divisioni tra alfanianì e lealistì   che stanno lacerando la base. Ce l'ha con chi è pronto a tradire e   sarebbe molto tentato di aprire una crisi di governo qualora dovessero  togliergli lo scranno senatoriale. Nessuno pensi che io resterò al  governo con chi voterà la decadenza per cacciarmi dal Parlamento,  avrebbe confidato ad alcuni falchì in queste ore di profonda  delusione.

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