Case, pensioni, farmaciLe tasse nascoste di Letta
Tagli ai crediti di imposta e riduzione dei rimborsi per chi ha pagato più tasse del dovuto. Che c'entrano queste e altre furbate col programma Pdl?
L'ultima sorpresa è arrivata ieri dal nuovo testo della legge di stabilità uscito dal consiglio dei ministri. Articolo 17, titolo: «Disposizioni in materia di entrate tributarie», che tradotto in parole semplici significa: «tasse». Comma 2: entro il 31 gennaio 2014 dovranno essere rideterminate le agevolazioni tributarie in modo da potere fare incassare allo Stato almeno 500 milioni di euro nel 2014 e 1 miliardo di euro a partire dall'anno 2015. Se questo non viene fatto, scatta (come sempre retroattiva) una clausola di salvaguardia: le detrazioni fiscali oggi previste dalla legislazione, a cominciare dalle spese mediche, saranno detraibili per l'anno 2013 al 18% invece dell'attuale 19%. E a decorrere dall'anno fiscale 2014 saranno detraibili solo al 17%. Due punti in meno. Un miliardo e mezzo di detrazioni in meno nel biennio. Quindi un miliardo e mezzo di tasse in più. Non basta. Altri due commi. Primo: entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge di stabilità (quindi certamente entro il 31 gennaio 2014) i crediti di imposta che lo Stato deve riconoscere ai cittadini che hanno pagato più tasse del dovuto sono ridotti fino all'85% di quanto spetta, e comunque in modo da assicurare allo Stato un risparmio di almeno 500 milioni di euro. Mezzo miliardo di tasse che dovevano essere restituite ai contribuenti e che invece si terrà lo Stato. Mezzo miliardo di tasse in più. Se non viene varato quel decreto che rapina di fatto il 15% dei crediti di imposta dei contribuenti, scatta la clausola di salvaguardia: viene tagliato automaticamente del 25% il fondo inserito in bilancio per la restituzione dei crediti di imposta. Mezzo miliardo più la norma delle detrazioni: due miliardi di tasse in più. Non basta. Comma successivo: dal primo gennaio aumenta del 33% (dall'1,5 per mille al 2 per mille) l'imposta di bollo sulle comunicazioni relative a prodotti finanziari. E arriva una imposta di bollo forfettaria di 16 euro su «tutte le istanze trasmesse in via telematica e sugli atti e i provvedimenti rilasciati attraverso i medesimi canali». Nel collegato fiscale arriva una imposta di registro minima sulle transazioni immobiliari di mille euro: 140 milioni di incasso a partire dal 2014, e 29 milioni in più già da qui alla fine del 2013. Altra tassa. Fra contributi e bolli ce ne sono altre quattro minori nella legge di stabilità. Troppe tasse per una manovra firmata anche dal centrodestra, che aveva sempre escluso questa leva. Poi c'è il corpaccione della tassa sulla casa. Arriva la Trise, che si somma all'Imu sulle seconde case e sugli uffici e sostituisce l'Imu sulle prime case dal 2014. Avrà una aliquota compresa fra l'1 per mille e il 2,5 per mille. Secondo le prime simulazioni con le aliquote minime i proprietari di prima casa staranno un po' meglio di quanto non capitò loro nel 2012. Quelli delle seconde case pagheranno peggio di quando c'era Mario Monti. Se la forchetta dei comuni sarà invece quella massima, il rischio è che a stare peggio siano proprio tutti: si paga più di prima. Ma anche la prima ipotesi, che bastona i presunti ricchi che hanno una seconda casetta al mare o in montagna, non è esattamente una perla da inserire nelle grandi conquiste del Pdl. È la classe media a fare le spese di questa finanziaria, quella che un tempo aveva cuore e portafoglio a centro-destra. Si capisce che sia finita nel mirino del Pd. Ma il Pdl può votare in Parlamento norme così, scritte in modo così astuto da essere sfuggite perfino alle sentinelle anti-tasse interne all'esecutivo? In compenso il Pd nella finanziaria ha inserito la sua bella legge-mancia per un eventuale campagna elettorale improvvisa. Ad esempio sulle pensioni. Hanno infilato la de-indicizzazione degli assegni della classe media dei pensionati, un contributo di solidarietà anticostituzionale (e lo sanno, quindi verrà cassato entro un anno e restituito) sulle pensioni sopra i 100 mila euro (5%), 150 mila euro (10%) e 200 mila euro (15%). Con quei risparmi, che la Corte Costituzionale boccerà per la terza volta in un anno, si consentirà a 6 mila possibili esodati di andare in pensione di anzianità con le vecchie regole pre-riforma Fornero: con il sistema retributivo e non contributivo. Non proprio un fiore da mettere nell'occhiello del centrodestra attuale. Di tagli alla spesa strutturali non c'è traccia se non pallida. Le risorse per lo sviluppo vengono portate quasi tutte in anni futuri nella speranza di avere un po' di fortuna nei conti pubblici. Quelle per il 2014 sono in gran parte riapposizioni di fondi che erano stati presi a prestito nel 2013 per coprire i decreti Letta su Imu, Cig ed esodati. Manca qualsiasi ombra di grande riforma che era stata imposta dall'Unione europea all'Italia dalla seconda metà del 2011 in poi. Quella sulle pensioni - realizzata con molti errori da Elsa Fornero - è addirittura concettualmente smontata nei suoi principi grazie alla soluzione sugli esodati. Quella sul mercato del lavoro, fondamentale per la credibilità dell'Italia negli ambienti finanziari internazionali, manco citata o abbozzata. Quella fiscale resta un miraggio semmai allontanato ancora di più da questa finanziaria. Quella sulle liberalizzazioni non è mai stata realizzata. Non è facile fare digerire un pacchetto così a un partito che ben altre cose aveva proposto agli elettori nell'ultima campagna elettorale. Franco Bechis