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Berlusconi, il soccorso di Putin: "Silvio, rifugiati qui"

Silvio Berlusconi e Putin

Il presidente russo, scosso dalle sofferenze politico-giudiziarie dell'amico, gli avrebbe offerto ospitalità perché "perseguitato dalla magistratura italiana"

Giulio Bucchi
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Silvio Berlusconi fa rientro a Milano in mattinata. La sua missione nella capitale non ha sortito granché effetti. Era arrivato a Roma con l'obiettivo di pacificare il partito facendo sfogare, e ragionare, le fazioni in lotta. Ma alla fine Angelino Alfano e Raffaele Fitto rimangono sulle rispettive posizioni di partenza, la mediazione del Cavaliere non è stata risolutiva. «Fatti loro, io ho altro a cui pensare», scrolla le spalle l'ex presidente del Consiglio. Che torna a concentrarsi sul suo dramma personale. La perdita delle guarentigie parlamentari come conseguenza della condanna definitiva per frode fiscale. L'assalto delle procure di Milano e Napoli che «mi vogliono umiliare mettendomi in galera». L'amarezza per l'epilogo  negativo di una vita fatta di successi imprenditoriali ed elettorali. Le previsioni di Vladimir Putin sulla progressiva disaffezione della gente alla causa berlusconiana. Il parallelismo con la brutta fine fatta da Yulia Timoshenko in Ucraina. Pur di non vedere l'amico soffrire, raccontano che il presidente della Federazione russa si sarebbe addirittura offerto di dare ospitalità al Cavaliere nella veste di «rifugiato politico perseguitato dalla magistratura italiana». Ma Silvio non è uno si che sottrae alla lotta, non è nella indole dell'uomo. In tutti i suoi colloqui, pur apparendo depresso e rassegnato, ha giurato di voler continuare a combattere. Non sa come, ma vuole continuare a farlo.  E nel frattempo al Senato riparte il dibattito sulla decadenza. Domani tornerà a riunirsi la Giunta per le elezioni di Palazzo Madama. Dopo il voto con cui l'organo, a maggioranza, ha deciso la decadenza del Cavaliere, adesso tocca al presidente-relatore Dario Stefàno illustrare le motivazioni del dispositivo con cui la Giunta ha deciso di optare per l'allontanamento dell'ex premier dal Senato. Stefàno spiegherà  il perché, dal suo punto di vista, non si è ritenuto opportuno ricorrere alla Consulta e alla Corte europea dei diritti dell'uomo, come chiedeva la difesa berlusconiana, per valutare gli effetti retroattivi della legge Severino. Anche se la decisione della Giunta è presa, domani potrebbe riaprirsi il dibattito se i senatori del Pdl dovessero chiedere più tempo per ribadire la propria posizione sulla incostituzionalità della Severino. Il passaggio successivo è che la relazione di Stefàno, votata dalla Giunta, arrivi sulla scrivania del presidente del Senato. A quel punto la parola toccherà alla conferenza dei capigruppo che dovrà inserire l'esame della decadenza di Silvio nel calendario dei lavori dell'assemblea di Palazzo Madama.  L'altro appuntamento è per martedì. Quando il presidente Grasso ha convocato la Giunta per il regolamento con l'obiettivo di discutere la proposta del Movimento 5 Stelle di abolire il voto segreto in aula. E questo è il secondo caso politico legato alla decadenza: l'aula del Senato dovrà votare, e può farlo se lo chiedono i parlamentari del Pdl (lo faranno sicuramente), con il voto segreto. Procedura ammessa per garantire la libertà di coscienza ai membri del Parlamento. Un paravento, accusano i grillini, per permettere al Partito democratico di “salvare” Berlusconi. Stessa accusa che i dem rispediscono al mittente. Allora, onde evitare i franchi tiratori di un colore o di un altro, i pentastellati chiedono di tagliare la testa al toro e di abolire la procedura segreta. Un dibattito, questo, che farà guadagnare giorni al leader del Pdl, che temeva di essere fuori dal Senato già a metà ottobre. Un po' di tempo passerà. Anche perché i senatori azzurri hanno poi intenzione di sollevare nuovamente, con un ordine del giorno da presentare in aula, la questione della incostituzionalità della legge Severino. Chiedendo che la decadenza sia sospesa in attesa che Consulta e Corte dei diritti dell'uomo diano un giudizio.  Ma tanto Berlusconi non si fa illusioni. Guadagnare tempo non significa scongiurare la prospettiva della perdita del seggio senatoriale: «La sinistra non vede l'ora», non si aspetta sconti. Così come considera velleitaria ogni ipotesi di un salvacondotto che passi attraverso un provvedimento generalizzato di clemenza come l'indulto o l'amnistia.  Non c'è tempo, secondo la previsione dei suoi legali: «Non appena il Senato avrà votato la mia decadenza, da Milano o da Napoli partirà un ordine di custodia cautelare». Intanto il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha tenuto a dire che le parole sull'amnistia e l'indulto pronunciate dal Capo dello Stato non riguardano il caso di Berlusconi: «Non ci sono ambiguità e chi ha voluto vederle ha fatto un esercizio sbagliato». Una risposta polemica a Matteo Renzi, ma anche una conferma al pessimismo del Cavaliere. di Salvatore Dama    

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