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Costituzione, in piazza a Roma Rodotà, Zagrebelsky, Landini e Di Pietro: "Vietato cambiarla"

Landini e Rodotà

"La Carta non si tocca". In Piazza del Popolo reunion dei benpensanti che mettono in fila i loro "no". Vendola: "E' una neonata che ha bisogno di crescere ed essere accudita"

Michele Chicco
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Tutti in piazza per la Costituzione: vecchi comunisti e giovani compagni manifestano per difendere il buon nome di una carta ingiallita. Si sono accampati in Piazza del Popolo, a Roma, ed hanno radunato un po' tutto il mondo della sinistra radical-chic: c'erano Stefano Rodotà, promotore numero uno, Nichi Vendola, Maurizio Landini e Antonio Di Pietro. Bandiere rosse e pochi tricolore hanno addobbato quella piazza un tempo luogo sacro della destra missina: "La Costituzione non si tocca", han detto, perché quella carta, nata all'indomani della seconda guerra mondiale, è "la via maestra" sulla quale continuare. Come se tutto, in Italia, funzionasse alla grande.  Conservatori - Difendere la Costituzione significa difendere un'Italia che non c'è più: quella che aveva i poteri da bilanciare, pochi partiti da far convivere ed il terrore da scacciare in fretta. Adesso, tutt'alto, c'è bisogno di stabilità istituzionale e qualche cambio, qua e là, sarebbe bene farlo per evitare capovolgimenti di Palazzo e pericolose crisi improvvise. Non la pensa così chi oggi è sceso in piazza. Landini, che nella vita fa il sindacalista della Fiom, ha detto che "il problema non è cambiare o meno la carta, ma applicarla": questo, dice, "è il solo modo di cambiare il Paese". A fargli eco, nemmeno a dirlo, Vendola: il governatore della Puglia ha detto che "non solo non è vecchia, ma è una neonata che ha bisogno di crescere ed essere accudita". A Nichi, forse, nessuno ha ancora detto che il Muro di Berlino è caduto e che il mondo, in realtà, è cambiato parecchio: vuole mantenere un assetto istituzionale vecchiotto perché, alla fine, è l'unico che potrebbe garantirgli le prerogative conquistate dai compagni senza lasciarsi contaminare dalle altre culture. Insomma, nonostante Gustavo Zagrebelsky (anche lui tra i difensori) abbia detto il contrario, quelli che oggi difendevano la Carta sembravano i più conservatori tra gli italiani.  Presidenzialismo - Uno dei totem che gli ex comunisti, vecchi e giovani (c'era anche Pippo Civati oggi in piazza), difendono è l'assetto istituzionale attuale. Loro proprio non vogliono che la Repubblica italiana possa passare al modello presidenziale anche se, come Giorgio Napolitano dimostra, quel cambio è già avvenuto nella storia: l'ipocrisia, evidentemente, piace anche quando tocca le Istituzioni e non è bene portare alla luce le incongruenze. Lo hanno fatto per anni, sventolando le loro bandiere rosse, e continuano a farlo oggi: Zagrebelsky l'ha detto chiaramente, gli altri hanno fatto il coro dopo averlo applaudito. Vendola, addirittura, ha detto che la "povera" Carta è stata "occultata nei suoi significati, manipolita, aggirata, ferita, umiliata". Il no alla riforma, insomma, sembra essere a tutto tondo e anche se il comitato dei saggi dovesse virare sul premierato forte (alla britannica) loro servirebbero niet come se piovesse. Vogliono lasciare le cose come sono: anacronisti, nei modi e nei tempi.  "Resistere, resistere, resistere" - Alla lotta antifascista e alla resistenza si richiama Antonio Di Pietro, da un po' di tempo ai margini della politica e in cerca di luci. La ribalta manca al povero Tonino ed è costretto a cavalcare le onde correttissime di Rodotà&co per farsi notare. In piazza si è fatto vedere, ma il messaggio più denso di significato l'ha lanciato via web: il pericolo, è la sintensi del Di Pietro-pensiero, è un ritorno al Fascismo, difendere la Carta è un obbligo anche perché di meglio non c'è. Anche lui affetto da vendolite? Di sicuro entrambi non si sono accorti che tutto è cambiato e che una "rinfrescata" alla Carta (di tutti) e alle idee (loro) sarebbe bene darla. Ma chissà, purtroppo il vittimismo si trasforma spesso in attivismo e vengono spinti in piazza da pulsioni incontrollabili. A meno che non si voglia pensare che a portarli in Piazza del Popolo sia stata solo la smania di pubblicità.  di Michele Chicco

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