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Silvio accusa i ministri:"Ho scelto solo Alfano,erano d'accordo con Letta"

Silvio Berlusconi

Berlusconi contro la delegazione del Pdl al governo: "In combutta col premier". Su Alfano e Fitto: "Non vogliono rompere, sono istigati da altri"

Andrea Tempestini
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Amareggiato lo è sicuro. Ma Silvio Berlusconi è altrettanto convinto che si debba «finirla qui» con le divisioni. "Farò di tutto per evitarle, perché fanno soltanto il gioco della sinistra. È il momento di deporre le armi", ha spiegato ai suoi europarlamentari, che lo hanno raggiunto ieri per pranzo a Palazzo Grazioli. Il Cavaliere non parteggia apertamente per nessuno dei due contendenti Angelino Alfano e Raffaele Fitto, anzi, li “scagiona” entrambi:  "Sono persone intelligenti, se si parlassero, si capirebbero. Ma sono tirati per la giacca da persone che hanno attorno...".  Il presidente che si è visto ieri era quello salomonico di un tempo, che cerca il compromesso, la sintesi. Per questa ragione è intenzionato a deludere il segretario come il suo concorrente: non consegnerà Forza Italia chiavi in mano al primo, facendo rotolare alcune teste, e non concederà il congresso al secondo perché "quello è un rito da prima Repubblica, lontano dalla mia idea di partito". Per trovare una via d'uscita, l'ex premier ha richiamato in servizio tutti i suoi consiglieri, compreso quelli fuori servizio già da un po', coinvolto vecchi amici e addirittura alleati. Sono passati dal suo ufficio nella sola giornata di ieri Gianni Letta, Fedele Confalonieri, Marcello Dell'Utri, Antonio Tajani e Licia Ronzulli con tutti gli eletti a Strasburgo e i tre Fratelli D'Italia Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e Guido Crosetto. Non ha nascosto a nessuno la sua preoccupazione. "Qualcuno deciderà di andare via e io non posso impedirlo. Farò di tutto per evitarlo, ma l'impossibile non posso ancora farlo", ha ammesso, riferendosi ai pasdaran dei gruppi separati, a Carlo Giovanardi e soci. Gli altri, però, no. Specie Angelino, il suo delfino. Ieri l'ex premier ha aspettato che arrivasse per tutto il giorno, dopo che era saltato il faccia a faccia previsto per giovedì a causa del protrarsi dell'incontro con Fitto, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna.  Alfano era a Reggio Calabria, poi, appena rientrato a Roma, ha aspettato un po'. E si è fatto precedere da un messaggio pubblicato su Facebook non proprio di pace: «Incontrerò il presidente questa sera. Parleremo innanzitutto della Legge di Stabilità. Poi, forse, anche del resto». Con una postilla: "Organigrammi del nuovo partito? Non ho ancora avuto tempo...".  L'incontro tra Berlusconi e il segretario è avvenuto in tarda serata. Il vicepremier avrebbe chiesto al Cavaliere di comunicare ufficialmente la sua intenzione di sostenere il governo fino al 2015, ventilando, diversamente, il rischio di una scissione. Nessuno scontro, però, ma è emersa la volontà comune di "trovare una soluzione". Che non si trova. Silvio continua a scommettere sulla "buona fede" del vicepremier, ha ancora una volta fatto ammenda dei "suoi errori", ma ha provato a responsabilizzarlo. "Io per il governo ho indicato solo te", ha ricordato il Cavaliere ad Alfano, "gli altri ministri, invece, li hai scelti tu». E loro, è la sua tesi, non si sono comportati bene e continuano a non farlo. Davanti agli europarlamentari, anzi, aveva definito il loro atteggiamento in vista del voto di fiducia al Senato un vero e proprio "tradimento". Ripercorrendo il film di quella giornata, infatti, il padrone di casa ha parlato di "posizioni poco chiare" dei membri del governo. Di più, il Cavaliere si dice sicuro che "i ministri avevano già concordato con Enrico Letta che le loro dimissioni sarebbero state respinte". Non pronuncia mai i loro nomi, ma l'ex premier ce l'ha con Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi e Gaetano Quaglieriello. "Erano venuti da me rassegnando le loro dimissioni, spiegandomi che non si poteva andare avanti. Mi hanno detto 'siamo con te', non ti preoccupare e poi, invece, hanno deciso di voler votare la fiducia", li accusa, senza nascondere la sua amarezza. Soltanto a Palazzo Madama, quando era troppo tardi, il Cavaliere avrebbe scoperto che «c'era un documento pronto di 23 senatori disponibili ad andarsene". Troppo: "Rischiavamo che si formasse un nuovo governo non amico".  Per superare l'empasse, Berlusconi vorrebbe accelerare sulla nascita del nuovo partito. Non un congresso, ma, almeno, il Consiglio nazionale che decida la trasformazione del “vecchio” in quello nuovo. Ma non si è ancora deciso se alle Europee di primavera ci sarà il simbolo di  Forza Italia o se sarà una miniatura sotto quello del Pdl. Di certo non saranno una passeggiata. "Vi conterete lì", ha avvertito il Cavaliere ad alfaniani e lealisti. E molti big si dicono pronti a traslocare da Roma a Bruxelles. di Paolo Emilio Russo

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