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Sondaggi, liti e spettro della Dc: così il Pd vuole spaccare il Pdl

Angelino, Enrico e Silvio visti da Benny

Secondo "Repubblica" i democratici sono avanti di 12% e Letta supera Renzi. Poi i sospetti sul bisticcio Letta-Alfano. Tutta benzina sul fuoco azzurro...

Andrea Tempestini
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Le cifre vengono sbattute in prima pagina di Repubblica. Cifre impressionanti. Si tratta del sondaggio del lunedì curato da Demos. Stando alla rivelazione, il Partito democratico sarebbe in volo: viene quotato al 32,2% rispetto al 20% del Pdl. Oltre 12 punti di distacco, insomma. Gli azzurri verrebbero superati dal Movimento 5 Stelle. Nota metodologica: nella domanda posta al campione, ora si parla di Pdl-Forza Italia; un cambio lessicologico che può influire sulla risposta. Eppure, cambi lessicologici a parte, quella forbice tra democratici e pidiellini appare spropositata. Si pensi che alla precedente rilevazione, quella del 10-12 settembre, il distacco era di soli 2,3 punti percentuali a vantaggio delle truppe del Nazareno, che rispetto a quel sondaggio salirebbero quasi del 4 per cento. Repubblica parla di "effetto fiducia", che avrebbe avuto come conseguenza il tracollo azzurro e l'impennata democratica. Doppio effetto - Ma non è soltanto una questione di cifre. E' anche una questione di dichiarazioni. Ci riferiamo a quella del premier, Enrico Letta, che in un tranquillo pomeriggio domenicale si è preso la briga di dire che "Silvio Berlusconi è finito". Parole pesanti, che hanno innescato la pronta reazione di Angelino Alfano, leader in pectore, che chiede al presidente del Consiglio di guardare in casa sua. Possibile che i due abbiano davvero bisticciato? Possibile che un paludato ex-democristiano come Letta si faccia prendere la mano e consegni ai media una dichiarazione improvvida? Possibile. Ma è possibile anche che i due non abbiano litigato per nulla. Con le sue parole, Letta, potrebbe anche aver fornito un assist ad Alfano: rispondendo, il vicepremier ha in qualche modo ricompattato il Pdl, almeno per un giorno, attorno a Berlusconi. E un Pdl più compatto, se non ci saranno scissioni, è sinonimo di maggiore garanzia per il governo. Inoltre, con l'assist, Letta ha in qualche modo rafforzato la leadership di Alfano. Anzi, l'ha proprio benedetta. Per il premier, ora, il leader è Angelino. Un messaggio chiaro a falchi e lealisti. E infatti, subito, sono rispuntati i sospetti sulla nuova balena bianca guidata proprio dagli attuali premier e vicepremier. La sortita di Letta, dunque, grazie alla risposta di Alfano ha compattato il Pdl nel breve ma, paradossalmente, in una visione a lungo termine sembra far leva sulle voglie di scissione che animano gli azzurri (e, in qualche misura, anche i democratici; soprattutto se come pare quasi certo s'imponesse la leadership di Matteo Renzi). Benzina sul fuoco - Ma non è soltanto una questione di cifre e di battibecchi (veri, finti o strumentali che siano) tra premier e vicepremier. E' anche una questione di bersagli. Quello prediletto è Silvio Berlusconi. Non solo l'attacco di Letta, nel pomeriggio della domenica, ma anche quello di Guglielmo Epifani. Medesimo il tenore dell'affondo. Medesime le conseguenze: un aumento dell'entropia nel Pdl e, di conseguenza, nelle larghe intese. Per completare il quadro è importante ricordare altre cifre snocciolate dal sondaggio di Repubblica: la popolarità di Letta sarebbe al 56,9%, una cifra considerevole, e avrebbe superato anche quella di Matteo Renzi, da tempo dominatore della peculiare classifica. Cifre, dichiarazioni, battibecchi, poi altre cifre che, in un modo o nell'altro, sembrano concorrere ad un unico obiettivo: la frantumazione del Pdl. Se i sondaggi lo inchiodano, se crescono i dubbi interni su Alfano, se viene bersagliato Berlusconi per infiammare il confronto, infatti, le pulsioni "scissioniste" potrebbero trovare nuova linfa e avere la meglio. Un piano perfetto: non solo la cacciata di Berlusconi (che passa per la prossima decadenza) ma la frantumazione del fronte moderato. 

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