IL NUOVO PDL DI ALFANO:ecco tutte le decisioni
Il vicepremier accelera nella rifondazione azzurra: organigrammi, poltrone e programma
«Certe teste devono saltare. Per forza. Non è un fatto personale, ma un rito che fatalmente va compiuto contro il nemico quando perde». La caustica sentenza di condanna sibilata al telefono da un alfaniano di strettissima osservanza, la dice lunga sulle reali intenzioni del segretario del Pdl. E descrive meglio di qualunque elzeviro la radicale muta delle colombe, che hanno tirato fuori artigli, zanne e coltelli lunghi così, per far rotolare un bel po' di teste forziste. Tutta la prima linea dei falchi, megafoni compresi. Da Denis Verdini a Sandro Bondi, a Daniela Santanchè, a Daniele Capezzone. Non pago degli ayatollah berlusconiani, Alfano pretenderebbe un turnover al vertice del Pdl alla Camera, attualmente guidato da Renato Brunetta, che pure ha alternato le urla del falco alle carezze del pontiere. «Angelino» vorrebbe lo scalpo del capo dei deputati. A Berlusconi ha anche fatto il nome del suo sostituto al posto di Brunetta: Raffaele Fitto, gemello diverso di Alfano degenerato in fratello coltello, che sta per diventare il suo rivale numero uno nel Pdl, quando il partito sarà completamente defalchizzato e la sfida interna si disputerà tra lealisti e alfaniani. Ma questo è il futuro alle porte. I passi avanti Intanto, c'è da sfruttare fino in fondo il momento successivo alla vittoria in Parlamento e nel partito. Il segretario su questo non dà segni di ammorbidimento. Ieri l'editore del Giornale, Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, ieri ha diramato una nota per rinnovare la fiducia al direttore smentendo «le illazioni apparse su diversi quotidiani» che parlavano di una possibile «defenestrazione». Secondo alcuni, ad Alfano non sarebbe andata giù l'accusa di «tradimento» lanciata a caratteri cubitali in prima pagina sul Giornale nei giorni scorsi. Ma è soprattutto la testa di Verdini e Santanchè che il delfino ha chiesto al suo padre putativo. Il Cav sperava che nel suo pupillo sfiammasse col passare dei giorni la voglia di repulisti. Ma Alfano, come una goccia cinese, continua a insistere sulla necessità di una profonda ristrutturazione interna come condizione che ha posto a Berlusconi per scongiurare una scissione che, a questo punto, farebbe male a entrambi. Non ha fretta «Angelino». La calma perseveranza è nelle sue corde democristiane. Per il momento ha congelato la nascita di gruppi separati in Parlamento e ha imposto alle colombe di cucirsi la bocca sull'argomento per non esasperare il clima già tesissimo. Quindi, non sta forzando sui tempi. Ma sulla defalchizzazione del Pdl, il segretario è un muro. Pena, appunto, la diaspora. Che però sarà forzista. Linea alfaniana Saranno i falchi a dover sloggiare dalla colombaia. Questa è la strategia degli alfaniani. «Noi stiamo lavorando per l'unità del partito e per una trasformazione Pdl che faccia del bene del Paese la sua priorità, puntando in primis alla stabilità del governo che sta portando avanti un'azione molto coraggiosa per l'Italia», spiega a Libero un ministro del Pdl, «se i cosiddetti falchi ci stanno è bene, altrimenti sarà inevitabile procedere alla formazione di gruppi separati, ma saranno loro a voler uscire dal Pdl». «Certo che cambia il modo con cui noi dobbiamo lavorare per sostenere l'azione di questo governo, adesso abbiamo la legge di stabilità», ha avvertito ieri il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, al MadeExpo perché falchi e pitonesse intendano, «il ricatto non può essere assolutamente all'ordine del giorno, il contributo dei partiti che sostengono il governo è un contributo forte». Scissione stoppata La scissione quindi è in stand-by, non scongiurata. Anzi. Alfano si aspetta che «l'accordo costruito meticolosamente questa settimana con Berlusconi facendo avanti e indietro da Palazzo Grazioli ora venga consolidato», spiega un altro ministro del Pdl, «vogliamo garanzie certe dal nostro leader, altrimenti il partito si dividerà in due e Berlusconi non potrà certo rinfacciare a noi di averglielo spaccato». Ma tra le colombe c'è anche chi, come il senatore Andrea Augello, ritiene che «la bomba della scissione sia di fatto stata disinnescata dal voto di fiducia di mercoledì al Senato. La cosa più giusta ora sarebbe scommettere su un rilancio del Pdl procedendo a un serio ricambio generazionale. Questo rende inutile la creazione di gruppi autonomi in Parlamento», secondo Augello, che rivolto ai falchi chiosa: «La prova di forza l'hanno tentata, gli è andata male. Meglio per loro chiuderla qui». di Barbara Romano