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Pdl, Santanchè e Biancofiore vanno in panchina

Daniela Santanchè e Michaela Biancofiore

Andrea Tempestini
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Le faccende azzurre sono da trattare con cautela. Da Silvio Berlusconi in giù i repentini cambi di scena, ora, sono all'ordine del giorno. Ma dopo aver sfiorato la rottura, non ancora scongiurata, nel partito continua a prendere piede Angelino Alfano e la frangia cosiddetta "moderata". Le colombe, nella semplificazione giornalistica. Ad aiutare l'ascesa è l'atteggiamento del Cavaliere stesso: cerca l'unità, prova a preservare la sua creatura, non vuole scissioni e spacchettamenti. Certo, resta il fatto che dopo il sì alla fiducia a Letta, il Pdl è un campo di battaglia. Il braccio di ferro prosegue. Ma l'esito del conflitto appare un po' più indirizzato, tanto che anche Marina Berlusconi, sempre annoverata nella lista dei falchi e papabile guida di Forza Italia, ha sterzato verso posizioni più concilianti: "Né falco né colomba". Anche la Cavaliera si schiera per l'unità del partito. A lei, come al padre, non saranno certo sfuggiti i sondaggi che puniscono la possibile spaccatura, come punivano la scelta di archiviare le larghe intese. Le richieste - In questo contesto Alfano avrebbe avanzato le sue richieste a Berlusconi. Per il segretario, ora, qualcosa deve cambiare. I falchi devono essere ingabbiati. Si parla di "tagliare le teste", di fatto si tratta di un avvicendamento nella stanza dei bottoni: Alfano spiega che i vari Santanchè, Verdini, Bondi, Capezzone, Brunetta e Ghedini ne devono uscire (poi ci sarebbe il caso relativo ad Alessandro Sallusti, ma è altra storia). Fuori loro, dentro i trattativisti, i moderati, le colombe: Cicchitto, Lupi, Quagliariello, De Girolamo tra gli altri. Berlusconi ascolta, è ricettivo. E risponde. In estrema sintesi: è pronto a rinunciare alla Santanchè, a patto di tenersi Verdini. Realpolitik - La pitonessa, dunque, rischia di finire strangolata. Sempre in prima linea nella difesa di Silvio, sempre in prima linea nella lotta al governo Letta, il falco - forse - ha volato troppo alto. Ali bruciate, dunque. O più probabilmente è una mera questione di realpolitik: per non far affondare la nave, certe volte, bisogna liberarsi di qualcosa. Di lei, insomma. Nulla di personale da parte di Berlusconi, anzi. Semplicemente una necessità nel nome di un bene superiore (l'unità), che lei, però, vive come un assoluto tradimento, umano e politico. Daniela si è trincerata dietro un insolito silenzio. Tra le ultime frasi, quella - emblematica - sulla testa offerta su un piatto d'argento ad Alfano (prima della fiducia; testa, oggi, evidentemente "ritirata"). Poi - eccetto la profezia di "Alfano come Fini" - un silenzio (quasi) totale e sospetto per chi, come Daniela, cannoneggiava senza soluzione di continuità. Qualcosa è cambiato. Nella trattativa imbastita da Alfano e Berlusconi potrebbe essere lei la pedina per trovare un accordo nel nome dell'unità del partito. Oggi, infatti, la convivienza tra Angelino e la pitonessa è utopia pura.  Amazzone in riserva - Le prime teste stanno per cadere. Significativo il caso di Michaela Biancofiore, compagna di lotta della Santanchè, intransigente amazzone sempre al fianco di Berlusconi. Inflessibile, come un giapponese sull'isola deserta a guerra finita, ha lasciato che le sue dimissioni dal ruolo di sottosegretario di governo diventassero "operative". Non le ha mai ritirate, a differenza del resto della compagine di governo targata Pdl. Proprio come voleva Silvio (ribadiamo: voleva), la Biancofiore lascia (anche se, sottolinea, "nessuno ha confermato le mie dimissioni"). Un gesto di assoluta fedeltà al capo? Un modo per mostrare tutto il suo dissenso alle larghe intese? Possibile. Ma è altrettanto possibile che la Biancofiore, semplicemente, sia stata "espulsa" dal governo come un corpo estraneo. Se le colombe dettano la linea, per lei non c'è spazio. E se le operazioni vengono orchestrate da un'intellighenzia democrisitana - Letta&Alfano - la vulcanica Michaela è destinata ad andare sotto. Requiem Bondi - Le storie, tra le fila azzurre, si moltiplicano e si intrecciano. Tra chi rischia c'è Sandro Bondi, protagonista dell'infuocato intervento al Senato prima che il "sì" di Berlusconi sconfessasse quanto appena detto. Non a caso l'ex ministro della Cultura fa sapere di essere sgomento per "il tenore del confronto che si è aperto in vista di una rinnovata unità del partito". Un confronto, aggiunge, "caratterizzato dalla richiesta di tagliare teste: un linguaggio violento e uno spirito politico irriconoscibili e assenti finora nella storia a cui ho creduto di partecipare in questi vent'anni". Una frase che assomiglia quasi a un addio. Potete chiamarle teste tagliate, teste che rotolano oppure espulsioni. Di fatto, il redde rationem sembra essere iniziato. di Andrea Tempestini @antempestini

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