Alfano detta le condizioniE il Cav ora lavora per lui
Adesso il delfino si fa squalo. Angelino Alfano accelera e prova a portare subito all'incasso la vittoria dell'altro giorno. Quando, in un drammatico braccio di ferro con il suo mentore, il segretario del Pdl è riuscito a far prevalere la sua linea, imponendo il voto di fiducia al governo Letta. Ieri il ministro dell'Interno è stato a Palazzo Grazioli. A Silvio Berlusconi ha assicurato che non intende fare altre forzature. La formazione di gruppi parlamentari separati - colombe da una parte e falchi dall'altra - si può scongiurare, purché il Cavaliere accetti le condizioni poste dal vice premier. Nella riorganizzazione del partito, Angelino vuole essere il leader. Non un coordinatore primus inter pares. Dunque tramonta l'ipotesi, nata e morta in 24 ore, di un coordinamento a 8, da affiancare ad Alfano, che fosse rappresentativo di tutte le anime del partito. Di più: il titolare del Viminale ha chiesto il «ridimensionamento» dei falchi, accusandoli di «non aver reso un buon servizio» anzitutto al Cavaliere. Il quale, a causa dei loro «cattivi consigli», l'altro giorno al Senato «stava andando a sbattere». Salvo poi inchiodare nell'ultimo metro disponibile, «rinsavendo». Li vuole fuori da tutti gli incarichi di visibilità, Alfano, e il prima possibile. Berlusconi? È stanco, svogliato e nauseato dai «traditori» che l'hanno costretto alla piroetta di mercoledì. Ciononostante Silvio spende il suo tempo nel cercare di riportare la pace nel partito. Ieri, a via del Plebiscito, c'è stata una lunga sfilata di dirigenti: Scajola, Calabria, Alfano, Cicchitto, Lupi, Quagliariello, De Girolamo, i capigruppo Schifani e Brunetta. Nei vari colloqui il Cavaliere ha confermato il sostegno ad Alfano. È vero che le tensioni di questi giorni lo hanno «colpito», se non addirittura «ferito», tuttavia ciò non altera il giudizio berlusconiano: «Nonostante quello che è successo tra noi, considero ancora Angelino il migliore tra i giovani, sarà lui il nostro candidato se si vota nel 2015». Falchi in allarme - La stanchezza del capo e questi discorsi da testamento politico mettono in allarme i falchi. Preoccupati nel vedere un Silvio troppo disponibile nell'accettare le richieste di Alfano (leggi la black list) Tra queste c'è anche il cambio alla guida del gruppo parlamentare della Camera. E il turn over alla direzione del giornale di famiglia, poco tenero con il segretario nei giorni della crisi di governo. Berlusconi ha voluto tranquillizzare gli ultrà: «Sono io il garante, non ci saranno rappresaglie, tutti avranno agibilità politica nel partito», anche i falchi. Che, per sfuggire al quid oramai preponderante di Alfano, tornano a minacciare la scissione. Opzione che rimane sullo sfondo perché neanche Berlusconi la scarta in assoluto: «La riorganizzazione del partito deve fondarsi sulla pacificazione delle anime interne». Se falchi e colombe continuano a farsi la guerra è inutile tenerle insieme, meglio dividerle in due contenitori. D'altronde, spiegano a Palazzo Grazioli, il gollismo in Francia ha determinato la nascita di tre partiti, il berlusconismo ne può produrre due, mica è peccato. È un'orizzonte, quello della separazione, che l'ex premier vuole comunque provare ad evitare agevolando il chiarimento interno. È stata la sua occupazione prevalente durante la giornata di ieri. Intervallata soltanto dalla rabbia per la sua decadenza decretata dalla Giunta per le elezioni del Senato. «Una cosa indegna per un Paese civile», è sbottato il Cavaliere. Adesso manca soltanto il sigillo dell'Aula del Senato. Ed è una realtà con la quale Silvio inizia a fare i conti. Che può fare? La rappresaglia anti governativa è fallita. Ha già giocato la sua carta ed è andata male. Oltretutto era anche la prima volta che Berlusconi si muoveva in barba ai suoi sondaggi: 7 italiani su 10 vogliono che l'esecutivo vada avanti. Mai andare contro al sentire popolare, è la lezione. di Salvatore Dama